Portale di economia civile e Terzo Settore

I Comuni Ricicloni e il Manifesto per un’Italia Rifiuti Free

16

Quanti Comuni hanno superato il 65% di raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio? E quanti hanno contenuto anche la produzione pro capite di secco residuo al di sotto di 75 Kg/anno/abitante, meritando la qualifica di Comune Rifiuti Free? La risposta è nel Dossier 2016 dei Comuni Ricicloni, elaborato anche quest’anno da Legambiente con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e la collaborazione di Fater, Eurosintex e Conai.
“Rispetto allo scorso anno il numero di chi ha rispettato la legge è rimasto invariato (1520 comuni superano il 65% di raccolta differenziata) mentre è aumentato quello dei Rifiuti Free, che passa da 356 a 525 comuni (pari al 7% del totale nazionale), per una popolazione che sfiora i 3 milioni di cittadini”. Dal punto di vista territoriale si conferma la netta prevalenza dei sistemi di gestione rifiuti del Nord del Paese: 413 Comuni che rappresentano il 78,7% del totale dei Comuni Rifiuti Free; al Centro solo 25 Comuni pari al 4,8% e al Sud 87 Comuni pari al 16,6% (numero totale di 525).
La distribuzione per regione dei Comuni Rifiuti Free è la seguente (tra parentesi la percentuale di Comuni Rifiuti Free sul numero totale dei Comuni): Abruzzo 12 (4%); Basilicata 2 (2%); Calabria 10 (2%); Campania 50 (9%); Emilia Romagna 4 (1%); Friuli-Venezia Giulia 63 (29%) Lazio 6 (2%); Liguria 2 (1%); Lombardia 76 (5%) Marche 5 (2%); Molise 4 (3%) Piemonte 8 (1%) Puglia 0 (0%); Sardegna 9 (2%); Sicilia 0 (0%); Toscana 14 (5%); Trentino-Alto Adige 56 (17%); Umbria 0 (0%); Valle D’Aosta 0 (0%); Veneto 204 (35%) Totale 525 (7%).
Innumerevoli altre notizie, esperienze e curiosità sono contenute nel Dossier che vi invitiamo a consultare alla pagina web.
Di seguito proponiamo ai nostri lettori il Manifesto per un’Italia Rifiuti Free, che si concretizza in 10 proposte per liberarci dall’emergenza rifiuti. Si tratta di orientamenti strategici e indirizzi operativi che, a volte, hanno già trovato riscontro nella recente produzione normativa ma che comunque devono ancora trovare stabile e concreta attuazione.

Manifesto per un’Italia rifiuti Free
Dieci proposte per un’Italia libera dall’emergenza rifiuti
1. Chi smaltisce in discarica deve pagare di più a vantaggio di chi ci va sempre meno.
Per disincentivare l’uso della discarica serve utilizzare la leva economica per imporre un aumento dei costi di conferimento. Il governo e il parlamento italiano dovrebbero modificare la legge 549 del 28 dicembre 1995 che ha istituito il tributo speciale per lo smaltimento in discarica (la cosiddetta ecotassa regionale) trasformando l’attuale limite massimo di 25 euro per tonnellata in una soglia minima di 50 euro per tonnellata, con sconti progressivi per i Comuni in base al superamento delle percentuali di raccolta differenziata secondo un criterio di proporzionalità che premi le amministrazioni più virtuose.
2. Utilizzare i proventi dell’ecotassa per le politiche di prevenzione, riuso e riciclo. Oggi solo il 20% dei proventi dell’ecotassa viene utilizzata per finalità ambientali e solo una parte di questi sono destinati al ciclo dei rifiuti. La nuova ecotassa dovrebbe prevedere che il 100% del gettito dell’ecotassa affluisca in un fondo regionale che va finalizzato con criteri ben precisi (oggi questo non è previsto). Si dovrebbe utilizzare il 50% di questo fondo per il sostegno alla filiera degli acquisti verdi e del Green Public Procurement (GPP) e l‘altro 50% per la promozione delle politiche di prevenzione e riuso, di diffusione delle raccolte differenziate domiciliari secco/umido e della loro qualità finalizzata al riciclaggio anche mediante campagne di informazione e sensibilizzazione, per le bonifiche dei siti inquinati, per il finanziamento delle agenzie regionali per l’ambiente e per la gestione delle aree naturali protette (escludendo qualsiasi ipotesi di finanziamento al recupero energetico, previsto invece dalla legge istitutiva dell’ecotassa ancora oggi vigente).
3. Premiare le popolazioni e i comuni virtuosi: non posticipare gli obiettivi sulla raccolta differenziata. Nella logica di aumentare il costo di conferimento della discarica facendo leva sull’ecotassa è fondamentale che venga scongiurata l’ipotesi di prorogare i termini temporali entro cui raggiungere gli obiettivi di raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio. Se venisse approvata la proroga sugli obiettivi di raccolta differenziata, le multe che dovrebbero pagare i Comuni inadempienti verrebbero meno per i prossimi anni. Insomma si premierebbe chi non rispetta la legge e sarebbe una vera beffa per i Comuni virtuosi che hanno raggiunto l’obiettivo del 65% posto dal d.lgs. 152/2006 al 31 dicembre 2012.
4. Eliminare gli incentivi per il recupero energetico dai rifiuti. Negli ultimi 20 anni, la combustione dei rifiuti è stata ampiamente incentivata rispetto ad altre forme di gestione. Nonostante l’Europa indicasse di perseguire la prevenzione dei rifiuti e il riciclaggio prima del recupero energetico, queste due opzioni non hanno mai avuto lo stesso trattamento di favore riservato invece alla combustione. Per questo si deve:
 bloccare l’erogazione degli incentivi per la produzione di elettricità da combustione e gassificazione dei rifiuti per i nuovi impianti (come è stato fatto già per il fotovoltaico con la fine del quinto conto energia); dovrebbero essere mantenuti per il recupero energetico da digestione anaerobica o da biogas di discarica;
 bloccare gli incentivi anche per il recupero di energia da rifiuti in co-combustione in impianti industriali esistenti (cementifici, centrali a carbone, etc);
 avviare il percorso per l’uscita volontaria di impianti di recupero di energia dai rifiuti dal regime degli incentivi per liberare la bolletta elettrica da questo onere improprio, sul modello di quanto fatto con gli impianti di combustione del gas prodotto da residui di raffinerie o di impianti a ciclo combinato a gas naturale che usufruivano incredibilmente come se fossero fonti rinnovabili.
5. Incentivare il riciclaggio perché diventi più conveniente del recupero energetico.
 si deve prevedere un regime di IVA agevolata (ad esempio al 10%) per i manufatti realizzati con una percentuale minima di materiale riciclato;
 per alimentare il mercato dei prodotti riciclati è fondamentale promuovere gli acquisti verdi ripartendo dal flop del decreto 203 del 2003 e dall’inadeguato contesto normativo che non prevedeva ad esempio sanzioni per voltare una volta per tutte pagina;
 per la diffusione degli acquisti verdi in Italia è fondamentale poi l’obbligatorietà dell’adozione dei criteri ambientali minimi negli appalti pubblici per beni, servizi e opere delle pubbliche amministrazioni, introducendo il criterio di aggiudicazione sulla base del costo lungo il ciclo di vita per ridurre la spinta verso il continuo ribasso dei prezzi a scapito dell’ambiente e del lavoro dignitoso.
6. Completare la rete impiantistica per il riciclaggio e il riuso dei rifiuti. I cittadini che differenziano e i Comuni che attivano servizio di raccolta moderni non devono essere penalizzati da costi di trasporto elevati per raggiungere impianti di riciclo! È per questo che è urgente completare in tutte le Regioni il quadro impiantistico per riciclare la raccolta differenziata e per avviare alla rigenerazione e al riuso i prodotti che possono essere reimmessi sul mercato. In tutte le regioni devono essere attivi centri di raccolta (con annessi centri di riuso), impianti per il compostaggio e la digestione anaerobica dei rifiuti organici, impianti per la valorizzazione spinta delle principali raccolte differenziate e per il trattamento del residuo, massimizzandone il riciclo (fabbriche dei materiali) almeno su scala di macroregioni. In questa logica è fondamentale normare in tempi celeri la filiera del riuso e della rigenerazione che prenderà sempre più piede sul territorio nazionale, per le sue importanti implicazioni ambientali, sociali e occupazionali.
7. “Chi inquina paga”: lotta allo spreco e prevenzione della produzione di rifiuti. Per prevenire la produzione dei rifiuti, l’unico criterio da adottare è quello previsto dal principio europeo “chi inquina paga” e della responsabilità condivisa lungo l’intero ciclo di vita dei prodotti. Questo deve valere per tutte le utenze, domestiche e produttive, che producono rifiuti. Chi produce meno rifiuti deve essere premiato ed è per questo che si deve adottare un sistema di tariffazione esclusivamente puntuale. La nuova tassazione a carico delle famiglie e delle aziende deve essere equa e premiare i comportamenti virtuosi e non aggravare ulteriormente il peso fiscale sugli italiani. Il ministero dell’Ambiente deve approvare il decreto sulla tariffazione puntuale previsto dalla legge di stabilità approvata nel dicembre 2013. Il nuovo tributo deve essere calcolato solo – come già avviene efficacemente in centinaia di Comuni – sulla effettiva produzione di rifiuti indifferenziati residui (determinabile secondo peso, volume o numero dei prelievi dei sacchi o bidoni), permettendo alle utenze più virtuose di pagare meno, sganciandolo dalla quota relativa ai cosiddetti servizi indivisibili e garantendo la copertura totale dei costi del servizio.
8. Approvare una legge sul dibattito pubblico per agevolare la realizzazione di impianti di riciclaggio e riuso. In Italia la scarsa fiducia dei cittadini nelle istituzioni e l’inadeguata trasparenza dei processi decisionali sono spesso tra i motivi alla base delle proteste quando c’è da costruire un impianto, anche se utile alla filiera del riciclaggio per ridurre le quantità avviate a smaltimento. Per superare questa impasse serve approvare una legge nazionale sul dibattito pubblico sul modello francese che faciliti il percorso decisionale e garantisca, prima della decisione finale di approvazione del progetto, la corretta informazione, la discussione del progetto attraverso iniziative pubbliche stabilendo adeguate regole di partecipazione e la debita considerazione delle osservazioni emerse da parte di cittadini e portatori di interesse diffuso.
9. Una nuova legge per migliorare il sistema dei controlli ambientali. Dopo il referendum abrogativo sui controlli ambientali del 1993, il nostro Paese si è dotato di un sistema di Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente. Negli anni la rete dei controlli si è andata strutturando in maniera non omogenea sul territorio nazionale, con alcuni casi di eccellenza e altri con maggiori criticità. Per migliorare il sistema dei controlli ambientali nel nostro Paese è importante diffondere le migliori esperienze già messe in pratica; per procedere ad un rafforzamento complessivo della rete nazionale dei monitoraggi è necessaria anche una ferma volontà politica da parte del Governo e delle Regioni italiane. Il periodo di crisi non aiuta, ma vanno trovate nuove risorse da investire in personale, strumenti di analisi e attività di formazione, dando priorità a quelle realtà che mostrano evidenti ritardi e maggiori criticità. Occorre approvare al più presto il disegno di legge in discussione in Parlamento per potenziare il sistema dei controlli ambientali con un rafforzamento complessivo della rete nazionale Ispra-Arpa di controllo e monitoraggio.
10. Stop a qualsiasi commissariamento per l’emergenza rifiuti. Negli ultimi 20 anni sono stati diversi i territori oggetto di commissariamento per l’emergenza rifiuti. L’unico risultato certo di queste esperienza è stato un mix di sperpero di denaro pubblico, deresponsabilizzazione degli enti locali, aumento delle tensioni sociali per le decisioni prese dall’alto e, in alcuni casi, di vere e proprie illegalità. In alcune Regioni ancora in emergenza negli ultimi mesi si è ancora ragionato della “soluzione” del commissariamento. La storia del nostro Paese degli ultimi decenni dimostra l’assoluta insensatezza di questo strumento, che va evitato nel modo più assoluto.

ActionAid in Tanzania: una bella vittoria contro il land grabbing
Made Green in Italy: l’impronta ambientale dei prodotti

Leave A Reply

Your email address will not be published.

Loading Facebook Comments ...