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La passione è un ingrediente fondamentale, forse il più importante, per fare le cose con successo. E’ questo probabilmente il segreto, oltre a uno spiccato talento per l’insegnamento, che ha permesso a Lorella Carimali, professoressa di matematica presso il liceo scientifico Vittorio Veneto di Milano, di essere l’unica candidata italiana a poter vincere il premio di miglior docente al mondo.
Già l’anno scorso la professoressa era stata eletta tra i dieci docenti più bravi del Paese. Oggi però la possibilità di ottenere il Global teacher prize, considerato il Nobel dell’insegnamento, diventa una chance concreta: tra gli oltre 40mila candidati provenienti da più di 173 Paesi, la Carimali si è posizionata nelle prime posizioni. Il premio verrà consegnato il prossimo marzo a Dubai, in palio un milione di dollari da utilizzare in progetti didattici.
I soldi, però, non hanno mai influenzato le scelte di Lorella Carimali: dopo la laurea l’insegnante milanese aveva ricevuto numerose offerte lavorative da parte di grandi imprese: «Erano i primi anni dell’informatica e sarei stata ben pagata ma ho fatto una scelta che per me aveva un valore sociale: sentivo che la scuola mi avrebbe permesso di fare qualcosa per il mio Paese. Insegnare dà l’opportunità di stare a contatto con i giovani e di aiutarli a scoprire le loro potenzialità. I ragazzi sono il futuro: indirizzarli verso le loro inclinazioni vuol dire contribuire, nel mio piccolo, a costruire delle basi per l’avvenire».
Tra gli studenti la materia più temuta è spesso la matematica eppure, secondo la professoressa, non esisterebbero persone negate nella disciplina dei numeri: «E’ tutta questione di allenamento e metodo, come per una gara di corsa. In passato spopolava la credenza che le ragazze fossero meno portate per le materie scientifiche ma si tratta di un luogo comune. La verità è che si preferiva avessero altre competenze: l’ingegnere e il matematico erano considerate professioni maschili. Di luoghi comuni ce ne sono tanti, purtroppo, ma occorre scansarli sempre. Credo che il trucco per capire la matematica sia quella di evitare l’estrazione: spesso si imparano mnemonicamente le formule e i teoremi ma non li si capiscono davvero. E’ importante invece applicare le teorie, farle diventare realtà».
Ultimamente la professoressa Carimali ha attuato una strategia educativa innovativa e, come dimostrano i risultati, vincente: «E’ stato messo a punto un progetto disciplinare: per aiutare gli alunni con qualche lacuna, si è pensato di utilizzare il teatro e alla fine, scrivendo un testo teatrale sulla matematica, i ragazzi hanno avuto l’occasione di capire concetti che prima erano considerati impossibili. L’esperimento ha funzionato: sono stati tutti promossi».
«Anche se ammetto che non è facilissimo vivere in una città come Milano con 1500 euro al mese, sono felice del mio lavoro e ogni fatica è ricompensata dall’affetto dimostrato negli anni dai miei alunni. Io credo che la matematica insegni a ragionare, a conoscere il mondo, a imparare a scegliere coscientemente. Se ci si pansa è una competenza di cittadinanza».
Beh, che dire?… In bocca al lupo Prof: facciamo il tifo per lei.
Nasco un piovoso giovedì di giugno con l’idea di osservare il mondo dei “grandi”. Benché l’indagine mi diverta molto, rimango stupita da alcuni errori commessi dagli adulti che stridono fortemente con quell’aria da “so tutto io”. In quanto giovane donna, la prima campagna che decido di abbracciare è quella contro la discriminazione sessuale: con una sensibilità fuori dal comune, alle elementari fondo l’illustre Club delle femmine e ottengo, ad esempio, la precedenza nell’uscita da scuola rispetto ai maschietti. Approdo nel periodo adolescenziale con le idee confuse, man onostante tutto sopravvivo ai brufoli e anche al liceo classico. Per l’università non ho dubbi: scelgo Lettere, mio padre ancora piange, ma avevo deciso: avrei fatto la giornalista. Ogni volta che scrivo la parola «giornalista» risuona nella mente la voce di una mia zia che aggiungeva con voce litanica: «che per la fame perde la vista». Poco male mi dicevo: cecata lo sono sempre stata e affamata, seguendo un celebre discorso di Steve Jobs, volevo proprio esserlo. Poi mi imbatto nella filologia ed è amore dal primo istante: pochi sembrano capirla mentre io m’immergo tra gli stemmata codicum, errori e varianti. Ricostruire la lezione originale mi diverte come poche cose al mondo. Ora vivo nel dubbio: giornalista o filologa? Nell’attesa di trovare dentro di me la risposta, da settembre del 2017 lavoro per “Felicità Pubblica”.
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