Una recente ricerca lancia nuova luce sulle basi neurologiche che collegano l’aggressività e i comportamenti autolesionistici.
Lo studio, condotto su modelli murini, ha individuato un circuito cerebrale specifico che, modificandosi profondamente a seguito di traumi precoci, aumenta il rischio di manifestare tali comportamenti, aprendo così nuove prospettive terapeutiche.
Gli scienziati del Virginia Tech, università statunitense di punta nella ricerca neuroscientifica, hanno scoperto che nei topi sottoposti a traumi durante l’infanzia si verifica un’iperattivazione dei neuroni nel percorso che collega il nucleo reuniens – una struttura primitiva coinvolta nella regolazione della paura – all’ippocampo, area chiave per la memoria e l’apprendimento.
Il trauma modifica a livello molecolare questo circuito, sovraeccitando un particolare canale del calcio presente nelle cellule nervose. Questo canale regola la trasmissione dei segnali neuronali: la sua iperattività comporta un aumento della vulnerabilità a comportamenti aggressivi o autolesionistici. In altre parole, la ferita neurobiologica che il trauma infligge altera la capacità del cervello di modulare correttamente la risposta al dolore, sia fisico sia emotivo.
Dolore e disregolazione cerebrale: una porta verso comportamenti pericolosi
Gli autori dello studio sottolineano come il dolore, nelle sue diverse forme, agisca da fattore scatenante per la manifestazione di questi comportamenti. Quando il circuito neurale coinvolto è compromesso, emergono più facilmente gesti aggressivi rivolti sia all’esterno sia verso se stessi. Questa evidenza suggerisce che ansia e depressione, seppur importanti, non siano le sole cause di tali fenomeni, ma che dietro vi siano profonde alterazioni neurobiologiche che compromettono la capacità del cervello di elaborare il dolore.
L’autolesionismo, definito come l’atto intenzionale di procurarsi danni fisici o psicologici, si manifesta prevalentemente durante l’adolescenza e la prima età adulta, ma può presentarsi a qualsiasi età. Si tratta di un fenomeno complesso che include tagli superficiali, bruciature, graffi e altre forme di auto-danno, spesso accompagnato da disturbi psichiatrici come il disturbo borderline di personalità, depressione e disturbo post-traumatico da stress.

Implicazioni terapeutiche e sociali della scoperta (www.felicitapubblica.it)
La ricerca del Virginia Tech si inserisce in un filone di studi che confermano come esperienze traumatiche infantili lascino un’impronta duratura non solo sulla psiche ma anche sulla struttura e funzione del cervello. Questo nuovo approfondimento sul circuito nucleo reuniens-ippocampo offre un target preciso per lo sviluppo di terapie innovative, mirate a prevenire o ridurre i comportamenti aggressivi e autolesionistici nelle persone più a rischio.
Dal punto di vista sociale, i comportamenti autolesionistici rappresentano un problema crescente, soprattutto tra adolescenti e giovani adulti, con un impatto significativo sulla salute pubblica e sui sistemi di assistenza psicologica. L’identificazione di meccanismi neurobiologici condivisi tra aggressività e autolesionismo potrà guidare interventi più efficaci e personalizzati.

Il circuito neurale alla base di aggressività e autolesionismo(www.felicitapubblica.it) 






