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“Chiamami col tuo nome” di Luca Guadagnino

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Ma non provare niente per non rischiare di provare qualcosa… che spreco!

Siediti, aspetta che il film cominci e fatti guidare. Ti prenderà per mano e ti porterà con lui. Lasciati trasportare, sfiorerai l’anima dei personaggi, e forse anche la tua. Chiamami col tuo nome, Call me by your name in lingua originale, del regista Luca Guadagnino si muove con una dolcezza difficile da esprimere tra i pensieri di Elio, il protagonista di questa storia, – il bravissimo Timothée Chalamet, candidato all’Oscar – e indaga il suo approccio ai sentimenti in modo sincero, reale, puro. Potrebbe esserci chiunque al posto suo, è una storia così vera e così ben recitata che la distanza tra attori e pubblico si annulla.

Siamo in Lombardia, in una campagna ospitale, ai margini di un fiume, amato e partecipe. Nei primi anni ’80, una colonna sonora stupenda lo ribadisce, la famiglia Perlman trascorre le vacanze in una villa del ’700, in quell’atmosfera profumata in cui tutto sembra più vicino a terra perché l’aria calda pesa su cose e persone.

In questa bellissima casa, un giorno arriva Oliver, allievo del professor Perlman, professore dedito ed entusiasta, che ogni estate ospita un dottorando per la realizzazione di un progetto.

Oliver è a suo agio, lavora, legge, si integra con facilità tra le persone del posto, ma interpreta a fatica lo stato d’animo di Elio.

Così, si riconcorrono e si scontrano due menti, due anime, che sono costrette a cedere all’insistenza dei propri sentimenti.

I due si studiano, uno fa un passo avanti e l’altro arretra, si cercano, c’è qualcosa a cui non possono sottrarsi. A quella forza si mischiano l’insicurezza, la vulnerabilità, il rischio e l’amore in un divenire senza soluzione di continuità, senza pause; un flusso di coscienza di cui si riesce perfettamente a comprendere la logica. In questo scorrere degli eventi accanto al fiume, la maestria di Guadagnino riesce a cogliere l’intimità dei personaggi, quei processi cardiaci e mentali in cui è facile ritrovare i propri.

Una menzione speciale va fatta a Michael Stuhlbar e Amira Casar, che magistralmente interpretano i genitori di Elio. Sono le colonne portanti del film, attenti e presenti, ironici, persone di buon senso che discretamente donano al figlio la loro esperienza.

Un dialogo tra padre e figlio tocca le corde più profonde, racchiude tutto l’amore e tutta la verità di cui un figlio ha bisogno.

Il racconto si muove in un’ambientazione che coinvolge pienamente lo spettatore italiano: la villa, i pranzi all’aperto, il fiume, il sole, il pesino, sono posti in cui siamo stati, in cui viviamo; luoghi familiari che è quasi strano vedere sullo schermo.

La redazione consiglia questo film perché è un film pieno di musica e di umanità.

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