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Negli Stati Uniti d’America manca il latte artificiale per neonati. Può sembrare paradossale, ma è diventato il prodotto più conteso tra i genitori e gli scaffali di farmacie e supermercati sono ormai vuoti ed è inutile cercare il prodotto online.
La crisi del latte artificiale si trascina ormai da mesi ed è dovuta a una molteplicità di fattori che si riflettono sulla catena di fornitura di materie prime e servizi: dopo la carenza di manodopera legata alla pandemia, si sono aggiunte la guerra in Ucraina e le sanzioni internazionali che hanno fatto sia calare la disponibilità, sia aumentare i prezzi di alcuni ingredienti utilizzati.
Infatti, per aumentare l’apporto di acidi grassi insaturi (grassi buoni) a una base di latte vaccino (latte in formula) vengono aggiunti solitamente oli vegetali come quello di girasole, di soia, di cocco o di colza. Il primo è prodotto soprattutto in Ucraina e quindi ora scarseggia o manca completamente, gli altri sono super richiesti come sostituti dal mercato globale. E i prezzi lievitano.
Inoltre, sulla crisi aggravatasi nelle ultime settimane, ha pesato il richiamo di numerosi lotti di latte in formula da parte di Abbott, una multinazionale del Michigan da cui parte la distribuzione di latte in quaranta Paesi del mondo (compresa l’Italia). La decisione del ritiro è stata presa per il timore di contaminazioni batteriche dopo che quattro bambini statunitensi si sono sentiti male per aver bevuto latte prodotto nello stabilimento; addirittura due dei piccini sono morti.
Il Time ha riferito che, in base a un’indagine della FDA, sarebbero stati trovati nella struttura dell’azienda, diversi ceppi del batterio Cronobacter sakazakii, il patogeno che potrebbe aver causato le morti dei neonati; successive indagini avrebbero anzi rilevato la presenza diretta del batterio nella maggior parte dei lotti. Inoltre, il Cronobacter prolifera anche sulle superfici domestiche ed è purtroppo responsabile di gravi casi di enterocolite e persino di meningite nei neonati.
Purtroppo dall’assunzione di latte artificiale dipende la maggioranza dei neonati statunitensi, dal momento che solo una madre su quattro alimenta il figlio solamente con latte materno fino al sesto mese d’età ed è proprio negli USA che – secondo un rapporto Unicef – vive quasi un terzo dei 2,6 milioni di neonati che non vengono allattati al seno nei Paesi ad alto reddito.
Ma non basta, dal momento che le famiglie più colpite dalla carenza di latte artificiale sono quelle appartenenti alle minoranze etniche e solo il 17% delle donne con figli può avere un congedo per maternità. Superfluo ricordare che sono quelle meno abbienti che devono rientrare al lavoro entro tre mesi, pena la revoca del lavoro (e dello stipendio). Appare chiaro, quindi, che le madri sono obbligate a optare per il latte artificiale, attualmente introvabile o quasi. Va anche detto che la FDA sta alacremente lavorando con le aziende del settore per massimizzare le produzioni di aziende del settore.
Ci auguriamo tutti che il problema venga presto risolto.
Sono nata a Milano il 3 giugno 1957 da genitori piemontesi. Mi sento però a tutti gli effetti milanese perché amo profondamente la mia città. Ho frequentato il Liceo Classico Omero, percorso di studi che rifarei senza alcuna remora. Amo tutta la letteratura e tutti i libri che siano degni di chiamarsi tali e possiedo una notevole libreria in casa, tant’è che ho fatto rinforzare i pavimenti.
Ho svolto nel corso degli anni praticamente tutti i lavori inerenti ad aziende di commercio alimentare, dall’import alla contabilità, alla conoscenza dei prodotti.
Sono poi passata a interessarmi di economia e finanza ma le mie passioni rimangono quelle umanistiche, in particolare la Storia. Mi piace molto scrivere, attività che ho sempre svolto con molta passione.
Adoro tutta la musica, da quella classica a quella contemporanea, da quella popolare a quella cantautoriale.
Mi diverto a cucinare i piatti della tradizione e, ahimè, oltre a cucinarli, li mangio.
Mi piacciono le sfide e amo confrontarmi con gli altri, per questo sono contenta di collaborare con Felicità Pubblica che me ne dà l’opportunità…
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