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L’annuncio per il dono di vaccini è arrivato pochi giorni fa dal premier Draghi, intervenuto in video al convegno sul secondo Global Covid Summit, spiegando che l’Italia si è comportata bene per quanto riguarda le vaccinazioni (che nel frattempo proseguono sottotraccia ma con esiti praticamente vani) e anzi ha affermato: «L’Italia ha già contribuito alla risposta multilaterale alla pandemia con 445 milioni di euro e si è già impegnata a donare 69,7 milioni di dosi tramite Covax, anzi oggi posso annunciare che l’Italia donerà ulteriori 31 milioni di dosi sempre attraverso Covax e ci impegniamo inoltre a donare 200 milioni di euro tramite l’Act-Accelerator”, un acceleratore sviluppato sotto l’egida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sempre con l’obiettivo di sviluppare, produrre e distribuire in modo equo i test, i trattamenti e i vaccini per il Covid-19».
Intendiamoci: l’Italia è sempre stata un Paese pronto ad aiutare i più disagiati, ma questa volta non si tratta solo e soltanto di supporto.
A quanto pare, infatti, e nonostante sia ancora in corso la vaccinazione per la quarta dose (raccomandata a categorie di persone considerate a rischio come gli immunodepressi), nei frigoriferi delle ast, farmacie e Centri vaccinali stazionano circa 23/24 milioni di dosi di vaccino che, oltretutto, sarebbero in scadenza a breve. Anche il cosiddetto vaccino pediatrico (per i bambini tra i 5 e 11 anni) è stato poco utilizzato rispetto alle previsioni, cioè ne è stato usato circa un terzo rispetto a quanto disponibile.
Vaccini che abbiamo pagato e che non possiamo permetterci di buttare: sarebbe davvero uno spreco insostenibile.
Benissimo, quindi, utilizzarli per le persone che non hanno accesso né alle cure né ai vaccini (basti pensare che molto spesso in Africa un bimbo riceve al massimo un vaccino nella sua vita), purché il prodotto non sia scaduto e sia stato conservato con le dovute cure.
Anche Unicef ha scelto di collaborare con Covax per far fronte a emergenze vaccinali per i bambini di tutti i Paesi, compresi quelli in cui ci sono guerre in corso, come Yemen, Siria e Ucraina.
Sono nata a Milano il 3 giugno 1957 da genitori piemontesi. Mi sento però a tutti gli effetti milanese perché amo profondamente la mia città. Ho frequentato il Liceo Classico Omero, percorso di studi che rifarei senza alcuna remora. Amo tutta la letteratura e tutti i libri che siano degni di chiamarsi tali e possiedo una notevole libreria in casa, tant’è che ho fatto rinforzare i pavimenti.
Ho svolto nel corso degli anni praticamente tutti i lavori inerenti ad aziende di commercio alimentare, dall’import alla contabilità, alla conoscenza dei prodotti.
Sono poi passata a interessarmi di economia e finanza ma le mie passioni rimangono quelle umanistiche, in particolare la Storia. Mi piace molto scrivere, attività che ho sempre svolto con molta passione.
Adoro tutta la musica, da quella classica a quella contemporanea, da quella popolare a quella cantautoriale.
Mi diverto a cucinare i piatti della tradizione e, ahimè, oltre a cucinarli, li mangio.
Mi piacciono le sfide e amo confrontarmi con gli altri, per questo sono contenta di collaborare con Felicità Pubblica che me ne dà l’opportunità…
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