Redazione
[email protected]
[email protected]
Direttore
[email protected]
Recover your password.
A password will be e-mailed to you.
Inutile negarlo, l’invasione dell’Ucraina ha sorpreso tutti, smentendo le previsioni dei più accreditati osservatori. Sembrava “ragionevole” che Putin si limitasse alle minacce o, al più, al sostegno delle repubbliche autonomiste del Donbass, regione orientale del Paese. Invece l’attacco a cui stiamo assistendo si estende all’intero territorio ucraino fino a giungere alla capitale Kiev, configurandosi come un’invasione “vecchio stile”, con modalità che da decenni non siamo più abituati a vedere. Ovviamente anche la popolazione civile è trascinata in un tragico vortice (esodi dalle grandi città, rifugi sotterranei, bombardamenti) i cui esiti al momento appaiono imprevedibili.
Va riconosciuto, solo l’intelligence statunitense e l’amministrazione Biden hanno compreso con largo anticipo le mosse del Cremlino, inascoltati da larga parte dell’opinione pubblica europea.
Questi sono i giorni delle prime sdegnate reazioni e della messa a punto delle sanzioni. Anche su questo aspetto le posizioni occidentali non sono del tutto coincidenti. Più duri gli Stati Uniti, più prudenti gli europei, a partire dalla Germania e dall’Italia. Macron continua a proporsi come pontiere per il dialogo con Mosca, ben sapendo che prima o poi il confronto dovrà riprendere. Intanto le piazze delle nostre città iniziano a riempirsi di manifestanti al grido “No War”. L’opinione pubblica è incredula, del tutto impreparata a una guerra così vicina.
Lo scenario è estremamente complesso ma la questione di fondo si può riassumere in poche battute. Dopo il crollo del muro di Berlino l’Occidente si è affrettato ad allargare la propria sfera di influenza. Lo ha fatto l’Unione Europea accogliendo frettolosamente i Paesi dell’ex cortina di ferro. Lo ha fatto la NATO rafforzando la presenza nel fronte orientale. La Russia, dopo anni di crisi e di estrema debolezza, con Putin ha iniziato a porre il problema della sicurezza dei confini, dichiarando inaccettabili insediamenti militari atlantici nelle ex repubbliche sovietiche, a poche centinaia di chilometri dalle sue grandi città. Negli ultimi mesi l’Ucraina ha invocato a gran voce l’adesione alla NATO e gli Stati Uniti hanno intensificato il sostegno politico e militare a Kiev. Putin, dopo settimane di minacce, ha rotto gli indugi da un lato rivendicando la legittimità storica dell’influenza russa sull’Ucraina, dall’altro violando le frontiere di uno Stato sovrano.
E l’Europa? Finora ha seguito l’iniziativa americana, pur con qualche distinguo. E ora che davvero la guerra è in casa cosa intende fare? Gli Stati Uniti sono a migliaia di chilometri di distanza e mentre parlano di Ucraina pensano a molti altri scenari internazionali per loro ben più rilevanti. Per noi europei la situazione è diversa. L’Ucraina è nel nostro continente, confina con molti Stati membri dell’Unione, ha interscambi commerciali importanti. Così è anche con la Russia. Non abbiamo alternative. Deve emergere con forza una politica estera europea che sappia tenere insieme rispetto dei principi e realismo negli equilibri internazionali. Sia ben chiaro, l’Europa resta alleata fedele degli Stati Uniti, ma non può andare al traino. Questa aggressione deve stimolare una nuova consapevolezza della responsabilità in capo all’Unione nel ridefinire il necessario equilibrio politico-militare tra Occidente e Russia. L’invasione dell’Ucraina è un gesto criminale e irresponsabile e va condannato con tutta la fermezza del caso. Ma ritenere di poter portare la NATO ai confini della Russia è del tutto irragionevole. Putin al più presto dovrà abbandonare l’Ucraina ma pretenderà nuovi equilibri nella regione. L’Europa è pronta ad assumere un ruolo da protagonista nel negoziato, “pretendendo” che gli USA facciano un passo indietro? D’istinto la risposta non può che essere negativa. Eppure l’Europa era impreparata anche ad affrontare la pandemia e la conseguente crisi economica, ma alla fine una risposta convincente è venuta fuori. Si cresce “per salti”. È venuto il tempo di fare un altro salto. Questa volta in politica estera, per garantirsi un ruolo e, soprattutto, un futuro.
Sono nato a Pescara il 18 settembre 1955 e vivo a Francavilla al Mare con mia moglie Francesca e i miei figli Camilla e Claudio. Ho una formazione umanistica, acquisita frequentando prima il Liceo Classico G.B. Vico di Chieti e poi l’Università di Padova, dove mi sono laureato in Filosofia con Umberto Curi. Il primo lavoro è stato nella cooperazione: un’esperienza che ha segnato il mio futuro. Lì ho imparato a tenere insieme idealità e imprenditorialità, impegno individuale e dimensione collettiva, profitto e responsabilità. Negli anni seguenti ho diretto un’agenzia di sviluppo locale e promozione imprenditoriale, sono stato dirigente in un ente locale, ho lavorato come consulente anche per importanti aziende globali. Oggi sono presidente di una start up cooperativa: evidentemente i grandi amori tornano di prepotenza, quando meno te lo aspetti. Nel lavoro mi piace condividere progetti, costruire percorsi inediti, fare squadra, veder crescere giovani professionalità. Amo leggere e ascoltare musica, camminare in montagna e, appena possibile, intraprendere un nuovo viaggio.
Recover your password.
A password will be e-mailed to you.