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Qualche giorno fa, nella programmazione di Sky, ho avuto modo di vedere Marilyn ha gli occhi neri, pellicola italiana uscita nelle sale a ottobre scorso. Fare un film sul disagio mentale è sempre difficile. Se poi pretendi di costruire la storia con leggerezza, con un sorriso, senza cadere nella banalità, allora l’impresa diventa quasi impossibile. Eppure la sceneggiatura di Giulia Louise Steigerwalt e la regia di Simone Godano riescono nell’impresa, regalando al pubblico un film originale, godibile, pieno di stimoli per riflettere.
“Diego ha dei problemi di contenimento delle frustrazioni ed è ripiegato su se stesso. Clara è affetta da mitomania, dice bugie così convincenti da convincere anche se stessa della loro veridicità. I due fanno parte di un gruppo sottoposto a riabilitazione forzata sotto la guida di uno psichiatra che tenta, non senza difficoltà, di liberarli dalla concentrazione su sé obbligandoli a gestire un ristorante per le persone del quartiere”. Stupendi gli attori protagonisti, Miriam Leone e Stefano Accorsi. Non da meno il resto del cast, a partire da un impeccabile Thomas Trabacchi, per proseguire con Mario Pirello, Andrea Di Casa, Orietta Notari, Maro Messeri, Giulia Patrignani.
Certo non manca qualche eccesso, qualche elemento macchiettistico, soprattutto nel personaggio interpretato da Accorsi, ma l’insieme è credibile e ben tratteggiato. Non è difficile riconoscersi nelle nevrosi dei protagonisti, nel loro disorientamento, nella difficoltà di farsi accettare per quel che si è, per la sofferenza che si vive, per i propri limiti. Allo stesso tempo è bellissimo vedere questa strana brigata alle prese con la realizzazione di sogni ritenuti irrealizzabili, travolti dalle proprie debolezze e da una realtà “burocratica” che spezzano l’incantesimo. Nell’altalena tra sogno e realtà la storia non scivola mai nello stereotipo, nel vittimismo, nella retorica consolatoria permettendo allo spettatore di pensare e sorridere. Un film certamente da vedere.
Forse i più esigenti se ne avranno a male ma credo che Marilyn ha gli occhi neri possa essere accostato, a buona ragione, a un altro piccolo capolavoro, con cui condivide tematiche e modalità narrative. Mi riferisco a La pazza gioia di Paolo Virzì con Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, pellicola che tra il 2016 e il 2017 ha fatto incetta di Nastri d’argento e David di Donatello. Non mi rimane che augurare analogo successo a Simone Godano e ai suoi interpreti.
Sono nato a Pescara il 18 settembre 1955 e vivo a Francavilla al Mare con mia moglie Francesca e i miei figli Camilla e Claudio. Ho una formazione umanistica, acquisita frequentando prima il Liceo Classico G.B. Vico di Chieti e poi l’Università di Padova, dove mi sono laureato in Filosofia con Umberto Curi. Il primo lavoro è stato nella cooperazione: un’esperienza che ha segnato il mio futuro. Lì ho imparato a tenere insieme idealità e imprenditorialità, impegno individuale e dimensione collettiva, profitto e responsabilità. Negli anni seguenti ho diretto un’agenzia di sviluppo locale e promozione imprenditoriale, sono stato dirigente in un ente locale, ho lavorato come consulente anche per importanti aziende globali. Oggi sono presidente di una start up cooperativa: evidentemente i grandi amori tornano di prepotenza, quando meno te lo aspetti. Nel lavoro mi piace condividere progetti, costruire percorsi inediti, fare squadra, veder crescere giovani professionalità. Amo leggere e ascoltare musica, camminare in montagna e, appena possibile, intraprendere un nuovo viaggio.
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