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Grazie presidente Mattarella, ma non possiamo gioire

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Vorrei unirmi al coro dei ringraziamenti a Sergio Mattarella.

Dobbiamo essere grati al Presidente per aver accettato di tornare al Quirinale nonostante avesse chiarito, oltre ogni ragionevole dubbio, che il secondo mandato non dovrebbe essere consentito e avesse fatto comprendere a tutti che per i prossimi anni aveva programmi diversi. Dobbiamo essere grati al Presidente per la dichiarazione alla Nazione dopo l’avvenuta rielezione. Con la consueta sobrietà, in pochissime parole, ha sottolineato il ruolo del Parlamento, tacendo pietosamente sulla crisi dei partiti, ha evocato l’emergenza sanitaria, economica e sociale (quest’ultima spesso sottaciuta), ha ricordato i doveri verso la collettività che devono prevalere sulle aspettative personali. Parole preziose. Dobbiamo essere grati al Presidente per aver preservato la stabilità politica del Paese (o almeno per essersi impegnato a farlo), salvando il governo Draghi da morte sicura. Ci attendono mesi difficilissimi, nei quali dovremo rispettare gli impegni con l’Unione Europea, e non sarà per nulla facile. Alla fine l’Italia ha ottenuto la migliore soluzione possibile.

Eppure avrei sperato in una soluzione diversa. E’ un pessimo segnale dover ricorrere, per la seconda volta in dieci anni, alla rielezione del Presidente uscente. È la prova evidente che il sistema politico attraversa una crisi profondissima. Anche l’elezione di Draghi sarebbe stata una scelta disperata, certificando che il sistema dei partiti non è in grado di eleggere un proprio rappresentante alle più alte cariche dello Stato. L’intero dibattito si è basato sull’assunto che la maggioranza di governo dovesse corrispondere alla maggioranza per l’elezione del Capo dello Stato. Perché? Non sarebbe stato possibile distinguere tra l’unità nazionale per l’esecutivo e una maggioranza politica per l’elezione del Presidente? Uno schieramento avrebbe vinto e l’altro perso? Miserrima motivazione. Il Centrodestra si è mostrato diviso e in stato confusionale. Il Centrosinistra altrettanto in difficoltà. Nella più benevola delle interpretazioni è stato impegnato in un silenzioso tatticismo per qualche verso efficace, ma comunque incapace di entrare in sintonia con le attese dei suoi elettori.

Un’ultima riflessione. Purtroppo la nostra previsione (vedi Una donna al Quirinale? del 30 dicembre) si è rivelata giusta, le candidature femminili sono entrate in gioco solo una volta verificata l’impossibilità di praticare le scelte ritenute “prioritarie”. Anche in questo caso tutto è avvenuto in modo quanto mai scomposto. La Casellati (la seconda carica dello Stato) pare abbia scalpitato per sottoporsi al voto, conseguendo risultati disastrosi. Anche la candidatura di Elisabetta Belloni (a proposito, si è capito chi l’abbia proposta?) è stata quantomeno discutibile. È opportuno candidare al Quirinale la direttrice in carica dei Servizi segreti? Per non parlare del modo in cui si è parlato di queste candidature! Salvini e Conte, presunti paladini della rappresentanza femminile al Colle, hanno dato dimostrazione di non conoscere affatto la storia del movimento femminista e il lungo dibattito sul glass cieling. È stato evidente l’uso strumentale del tema e, ancora una volta, abbiamo perduto una buona occasione.

In definitiva, “Grazie Presidente” per aver evitato il peggio.

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