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Sei positivo anche tu? Benvenuto nel Fight Club della burocrazia

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Mascherine ffp2, litri di igienizzante per mani, vita sociale ridotta all’osso. Eppure, dopo quasi due anni di slalom tra positivi, diverse quarantene, qualche tampone negativo e tre dosi di vaccino, quel giorno è arrivato: il Covid ha colpito anche me.

Un fulmine a ciel sereno per una persona che ha l’ipocondria tra i segni particolari sulla carta d’identità e che, soprattutto, non ha alcun sintomo della malattia. Eppure, il verdetto del test antigenico effettuato ieri mattina non ha lasciato alcun dubbio: positivo!

Dopo il senso di panico immediato e la fuga verso casa, dove fortunatamente vivo da sola e non rischio di contagiare nessuno, è iniziata ufficialmente la mia quarantena, una delle tante in effetti, ma questa volta in compagnia di un ospite indesiderato. E con le prime telefonate ad amici e parenti per comunicare la pessima novità che mi aveva portato l’anno nuovo, sono iniziate anche le prime domande: “ora che devi fare?”, il quesito più ricorrente dopo il consueto “come ti senti?”.

Bella domanda: cosa devo fare? Il mio lavoro e la mia curiosità mi spingono ad essere sempre abbastanza informata sulle nuove norme anti-Covid, ma un conto è la teoria, un conto la pratica. A dire la verità ero molto preparata nei casi di contatto con un positivo, dal momento che le nuove regole mi avrebbero evitato quarantene per via del booster ricevuto più di 15 giorni fa. Ma mai mi ero posta il problema di come comportarmi in caso di positività. Forse perché la mia mente non voleva prendere neanche minimamente in considerazione tale ipotesi.

Ma “ormai ci sei”, mi sono detta ieri mattina, “per cui attivati per capire cosa fare ed evitare di arrivare a primavera ancora chiusa in casa in attesa di un via libera da parte della Asl”. La prima cosa che mi viene in mente è quella di contattare il mio medico di base, che ho cambiato da pochissimo per via del pensionamento del precedente, e che non ho avuto ancora il piacere di conoscere. Ma il telefono fisso squilla a vuoto per tutto il giorno e non ho il suo cellulare.

Allora provo ad andare sui siti della Regione, della Asl, del Governo, delle vaccinazioni. Ma niente. Non riesco a trovare la sezione che speravo ci fosse, quella con un tasto lampeggiante con la scritta “segnalaci che sei positivo e ci prenderemo cura di te”. Ma non mi arrendo. A quel punto mi consulto con la persona che, insieme a me, ha scoperto di avere il Covid. Mi confessa di essere riuscita a parlare con il suo medico, ma di averlo trovato più confuso di noi. In compenso ha trovato online la nuova disposizione del Ministero della Salute che, nel mio caso, ossia asintomatica e con tre dosi di vaccino, prevede direttamente un nuovo tampone di verifica dopo 7 giorni dal primo.

Ma come faccio a sapere se la Asl è stata informata della mia positività? Provo a chiamare la farmacia dove ho fatto il test ma, anche in quel caso, il telefono squilla a vuoto. Tento la strada della tecnologia: trovo l’indirizzo email del mio medico e invio il referto e qualche domanda per capire come muovermi. Ma anche in quel caso, non ottengo alcuna risposta.

D’improvviso mi sento abbandonata al mio destino di persona malata. Sì, è vero, non ho alcun sintomo. Ma la percezione che hai dopo aver saputo di essere positiva, specialmente se come me sei una persona ipocondriaca, è quella di un detenuto nel braccio della morte. Quindi da un lato attendi con preoccupazione i sintomi – che probabilmente e fortunatamente non arriveranno mai – dall’altro ti senti schiacciato dal peso della burocrazia e cerchi di capire in che modo segnalare la tua positività all’azienda sanitaria.

Mi chiedo quale sentimento possa provare chi, a differenza mia, si trova a dover combattere contro la burocrazia con in più i sintomi della malattia, che come purtroppo sappiamo bene, in alcuni casi possono essere davvero pesanti. Ma soprattutto mi chiedo come sia possibile, a due anni dalla pandemia, che i medici di base non siano sempre aggiornati e pronti a dare risposte ai loro assistiti che magari non vedono da anni ma per i quali vengono comunque pagati.

Fortunatamente nel mio caso, il nuovo medico oggi ha risposto alla mia chiamata, mi ha fornito tutte le indicazioni necessarie e dopo 24 ore non mi sono sentita più abbandonata al mio destino. Ma per quanti non è stato così?

“Benvenuta nel Fight Club”, mi ha scritto ieri un mio amico, a sua volta positivo. “L’essenziale è che non si trasformi in Squid Game”, ho risposto con tanta amarezza. 

Il direttore

 

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