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Il Governo Draghi ha ottenuto la fiducia delle Camere: 262 voti favorevoli e 40 contrari in Senato, 535 sì, 56 no e 5 astenuti alla Camera dei Deputati. Ecco la soluzione auspicata dal Quirinale, una maggioranza ampia senza riferimenti ad alcuna formula precostituita, che ha raccolto in Parlamento le adesioni necessarie per affrontare le emergenze sanitaria, economica e sociale.
Forze politiche e opinionisti hanno esplicitato i diversi punti di vista, si sono soffermati a lungo sulle ragioni che hanno portato a questo risultato e sui rischi che possono condizionare il cammino del nuovo Esecutivo. Per questo, posso solo aggiungere qualche marginale considerazione a partire dalla più semplice delle valutazioni: cosa mi ha convinto e cosa non mi ha convinto nei primi passi del cammino di Mario Draghi.
Vorrei subito evidenziare il nuovo stile di lavoro e di comunicazione del Presidente. Abituati ad atteggiamenti sopra le righe e parole in libertà, la misura, il rigore, le dichiarazioni essenziali, le parole ponderate sono risultati un balsamo per le orecchie e la mente, hanno dato inedita credibilità al discorso pubblico.
Decisivo il riferimento alla coesione sociale e territoriale. Questa espressione, usata da Draghi, torna a essere un concetto serio, un discrimine valoriale. Allo stesso modo riprende senso la scelta europeista. Ancorarsi all’Europa non vuol dire soltanto considerare irreversibile la scelta dell’euro quanto ritenere irrinunciabili l’equità sociale, le pari opportunità, i diritti civili, la scelta ambientalista. La pandemia ha mostrato con chiarezza le potenzialità ma anche l’assoluta necessità di accelerare il processo politico di integrazione.
Convincenti sono state le priorità indicate nelle dichiarazioni programmatiche. Naturalmente il Presidente ha dovuto tener conto delle diverse sensibilità di questa variegata maggioranza, ma alcune scelte risultano nette. Ne cito alcune per comune memoria: la protezione per tutti i lavoratori, un fisco progressivo, la lotta all’evasione fiscale, il ruolo dei giovani e delle donne, la transizione ecologica e quella digitale.
Infine nella composizione del Governo, almeno per la quota “tecnici”, è innegabile l’alto livello di competenza dei singoli Ministri. Forse per la prima volta si ha la sensazione che quelle donne e quegli uomini siano in grado di operare immediatamente sui dossier più scottanti, perché ne padroneggiano forma e contenuti, perché sono già sul pezzo e non debbono fare apprendistato o mettersi in mano a esperti e capi gabinetto.
Ma altri aspetti non convincono affatto. In primo luogo proprio l’atto di nascita. Questo Governo trae origine dalla sconfitta della politica. Intendiamoci, la politica da molto tempo dimostra evidenti difficoltà a trovare soluzioni efficaci, a prendere decisioni, a selezionare classe dirigente. Il Governo dei Presidenti ha mostrato a pieno questa impotenza. Ma nessuno pensi che questo stato comatoso della politica sia stato così risolto. Anzi, determinerà una navigazione piena di insidie anche per SuperMario.
A proposito, risulta stucchevole l’agiografia di Mario Draghi. Questo Paese, ipocritamente, ha bisogno di affidarsi “mani e piedi” al salvatore di turno per abbandonarlo in un angolo dopo qualche tempo, prima di dimenticarlo del tutto. Ricordate Raffaele Cantone?
Non riesco neppure a comprendere perché Draghi, così lucido ed europeo, non sia riuscito ad assicurare parità di genere nella composizione del suo Gabinetto. Anche l’età media è piuttosto alta, anche e soprattutto nella componente tecnica. Non è un buon viatico per chi ha dichiarato il suo pieno e convinto impegno per le donne e i giovani.
Per di più alcuni temi sono stati cancellati dall’agenda di Governo per evidenti esigenze di mediazione politica. In primis l’immigrazione su cui il Presidente si è limitato a ribadire l’esigenza della ridistribuzione dei migranti tra i Paesi europei e a proporre il rafforzamento delle procedure di rimpatrio. Mettere da parte i contrasti può apparire saggio, ma la dura realtà presenterà il conto nel giro di qualche settimana.
In conclusione possiamo sperare che le forze politiche utilizzino questa tregua “istituzionale” per ripensare se stesse e ritrovare la propria anima, mentre il Presidente mette in sicurezza il Paese sia sul versante sanitario che su quello socio-economico. Ma dobbiamo essere tutti consapevoli di avere poco tempo a disposizione perché durerà un attimo il tempo delle larghe intese e tornerà presto il tempo delle scelte di campo.
Sono nato a Pescara il 18 settembre 1955 e vivo a Francavilla al Mare con mia moglie Francesca e i miei figli Camilla e Claudio. Ho una formazione umanistica, acquisita frequentando prima il Liceo Classico G.B. Vico di Chieti e poi l’Università di Padova, dove mi sono laureato in Filosofia con Umberto Curi. Il primo lavoro è stato nella cooperazione: un’esperienza che ha segnato il mio futuro. Lì ho imparato a tenere insieme idealità e imprenditorialità, impegno individuale e dimensione collettiva, profitto e responsabilità. Negli anni seguenti ho diretto un’agenzia di sviluppo locale e promozione imprenditoriale, sono stato dirigente in un ente locale, ho lavorato come consulente anche per importanti aziende globali. Oggi sono presidente di una start up cooperativa: evidentemente i grandi amori tornano di prepotenza, quando meno te lo aspetti. Nel lavoro mi piace condividere progetti, costruire percorsi inediti, fare squadra, veder crescere giovani professionalità. Amo leggere e ascoltare musica, camminare in montagna e, appena possibile, intraprendere un nuovo viaggio.
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