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Tra i frutti perversi di questi mesi di pandemia non c’è solo il negazionismo e il complottismo ma anche lo strapotere delle grandi industrie farmaceutiche. Sia ben chiaro, nessuna comprensione per chi nega l’esistenza del virus, per chi crede di vedere diaboliche macchinazioni ordite da poteri oscuri o per chi mette in dubbio la validità dei vaccini.
Nel migliore dei casi si tratta di paura e disorientamento, più spesso di colpevole ignoranza strumentalizzata a fini politici. Ma, al contempo, non possiamo tacere i mirabolanti profitti che poche grandi multinazionali del farmaco stanno realizzando, spesso dopo aver goduto di generosi finanziamenti pubblici. Anche in questo caso chi scrive è assolutamente convinto della necessità di investire in ricerca e sviluppo, ma altrettanto contrario a “privatizzare” i profitti, in una logica puramente speculativa. In primo luogo perché la conseguenza di questo approccio consiste nel destinare milioni di vaccini, lautamente remunerati dalla sanità pubblica, ai ricchi mercati occidentali, lasciando ai Paesi africani e sudamericani solo le briciole, in tempi e modalità residuali rispetto alle forniture più vantaggiose.
È la dura legge del mercato? Il libero mercato è un’astrazione, decine e decine di volte i singoli Stati e le autorità intergovernative sono intervenute sia per sostenere le imprese sia per correggere effetti ingiusti e perniciosi. Ma, si sa, in tempi di emergenza è più facile correre all’accaparramento delle dosi, costi quel che costi, piuttosto che riflettere sulle condizioni delle forniture dei singoli vaccini, sulla loro distribuzione, sul diritto universale alla salute. Si salvi chi può. Chi è in difficoltà potrà sempre contare sulle “donazioni” dei privilegiati.
Per fortuna c’è chi si impegna in una grande battaglia di equità, a livello europeo. Mi riferisco alla raccolta di firme che potete trovare sul sito www.noprofitonpandemic.eu promossa da alcune personalità, tra le quali Vittorio Emanuele Agnoletto, e sostenuta da un gruppo di associazioni, in Italia Medicina Democratica, Oxfam Italia, Transform! Italia.
1 — Salute per tutti
Abbiamo tutti diritto alla salute. In una pandemia, la ricerca e le tecnologie dovrebbero essere condivise ampiamente, velocemente, in tutto il mondo. Un’azienda privata non dovrebbe avere il potere di decidere chi ha accesso a cure o vaccini e a quale prezzo. I brevetti forniscono ad una singola azienda il controllo monopolistico sui prodotti farmaceutici essenziali. Questo limita la loro disponibilità e aumenta il loro costo per chi ne ha bisogno.
2 — Trasparenza ora!
I dati sui costi di produzione, i contributi pubblici, l’efficacia e la sicurezza dei vaccini e dei farmaci dovrebbero essere pubblici. I contratti tra autorità pubbliche e aziende farmaceutiche devono essere resi pubblici.
3 — Denaro pubblico, controllo pubblico
I contribuenti hanno pagato per la ricerca e lo sviluppo di vaccini e trattamenti. Ciò che è stato pagato dal popolo dovrebbe rimanere nelle mani delle persone. Non possiamo permettere alle grandi aziende farmaceutiche di privatizzare tecnologie sanitarie fondamentali che sono state sviluppate con risorse pubbliche.
4 — Nessun profitto sulla pandemia
Le grandi aziende farmaceutiche non dovrebbero trarre profitto da questa pandemia a scapito della salute delle persone. Una minaccia collettiva richiede solidarietà, non profitti privati. L’erogazione di fondi pubblici per la ricerca dovrebbe sempre essere accompagnata da garanzie sulla disponibilità e su prezzi controllati ed economici. Non deve essere consentito a Big Pharma di depredare i sistemi di assistenza sociale.
Per sostenere questi obiettivi i promotori chiedono alla Commissione Europea di varare una normativa intesa a:
Sono nato a Pescara il 18 settembre 1955 e vivo a Francavilla al Mare con mia moglie Francesca e i miei figli Camilla e Claudio. Ho una formazione umanistica, acquisita frequentando prima il Liceo Classico G.B. Vico di Chieti e poi l’Università di Padova, dove mi sono laureato in Filosofia con Umberto Curi. Il primo lavoro è stato nella cooperazione: un’esperienza che ha segnato il mio futuro. Lì ho imparato a tenere insieme idealità e imprenditorialità, impegno individuale e dimensione collettiva, profitto e responsabilità. Negli anni seguenti ho diretto un’agenzia di sviluppo locale e promozione imprenditoriale, sono stato dirigente in un ente locale, ho lavorato come consulente anche per importanti aziende globali. Oggi sono presidente di una start up cooperativa: evidentemente i grandi amori tornano di prepotenza, quando meno te lo aspetti. Nel lavoro mi piace condividere progetti, costruire percorsi inediti, fare squadra, veder crescere giovani professionalità. Amo leggere e ascoltare musica, camminare in montagna e, appena possibile, intraprendere un nuovo viaggio.
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