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Qualche giorno fa ho invitato i lettori di Felicità Pubblica a valutare con attenzione la “Dichiarazione finale e impegno comune”, elaborata da giovani imprenditori ed economisti nell’ambito della tre giorni di Assisi “L’Economia di Francesco”.
Lo confesso, non ho particolare simpatia per gli approcci confessionali all’economia, non amo la cosiddetta dottrina sociale della Chiesa, pur riconoscendone gli indiscutibili meriti storici, e resto affezionato a un approccio laico all’economia, come al diritto e alla politica. Eppure, in questi tempi incerti in cui alla sbornia liberista non ha ancora fatto seguito un adeguato ripensamento del modello di sviluppo né in Europa né tantomeno in Italia, le parole apparentemente ingenue di questa “Dichiarazione” regalano qualche speranza.
Perché prendono la parola “giovani imprenditori e giovani economisti”, aggiungendo la loro voce a quella dei ragazzi del Friday for Future, alle giovani donne che in ogni angolo del pianeta scendono in piazza. In un mondo ancora in larga parte in mano a vecchi e maschi iniziano a emergere tracce di un nuovo protagonismo giovanile. E questa è una buona cosa.
Perché il loro è un messaggio coraggioso, ambizioso. Non hanno timore a definirlo utopico, addirittura profetico. Forse queste definizioni potranno apparire “presuntuose”, ma finalmente qualcuno ha l’ardire di non proporre aggiustamenti più o meno marginali allo status quo e ha la lucidità necessaria per dichiarare che “il nostro tempo è troppo difficile per non chiedere l’impossibile”.
Perché, addirittura, affermano che le armi e la guerra sottraggono risorse alla Scuola, alla Sanità, “al nostro presente e futuro”. Chi mai, in una riflessione economica o politica, osa sostenere questa tesi? Questi giovani lo fanno e dobbiamo essere loro grati.
Perché dichiarano con convinzione che sono indispensabili la comunione mondiale delle tecnologie più avanzate, la custodia dei beni comuni, il diritto al lavoro dignitoso per tutti, la valorizzazione dell’apporto delle lavoratrici, l’abolizione dei paradisi fiscali in tutto il mondo, una istruzione di qualità per ogni bambina e bambino, la sostenibilità ambientale, sociale, spirituale e, non ultima, manageriale.
Sia ben chiaro, non si tratta di novità assolute, anzi di questi temi sono pieni i documenti programmatici di istituzioni nazionali, europee, mondiali. Ma in genere questi argomenti servono solo a distogliere l’attenzione dalle vere questioni in ballo: finanza, profitto, accumulazione. In questo caso, invece, si respira autenticità, convinzione, sincerità. Per una volta la Chiesa, sotto la spinta dei giovani e di papa Francesco, prende posizione e marca la distanza dai “poteri forti”. Ancora una volta un segno che l’esangue sinistra italiana dovrebbe considerare con attenzione.
Sono nato a Pescara il 18 settembre 1955 e vivo a Francavilla al Mare con mia moglie Francesca e i miei figli Camilla e Claudio. Ho una formazione umanistica, acquisita frequentando prima il Liceo Classico G.B. Vico di Chieti e poi l’Università di Padova, dove mi sono laureato in Filosofia con Umberto Curi. Il primo lavoro è stato nella cooperazione: un’esperienza che ha segnato il mio futuro. Lì ho imparato a tenere insieme idealità e imprenditorialità, impegno individuale e dimensione collettiva, profitto e responsabilità. Negli anni seguenti ho diretto un’agenzia di sviluppo locale e promozione imprenditoriale, sono stato dirigente in un ente locale, ho lavorato come consulente anche per importanti aziende globali. Oggi sono presidente di una start up cooperativa: evidentemente i grandi amori tornano di prepotenza, quando meno te lo aspetti. Nel lavoro mi piace condividere progetti, costruire percorsi inediti, fare squadra, veder crescere giovani professionalità. Amo leggere e ascoltare musica, camminare in montagna e, appena possibile, intraprendere un nuovo viaggio.
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