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È stato il primo viaggio post emergenza Covid, dal 29 giugno al 6 luglio, in Calabria. Abbiamo voluto fare i turisti a pochi giorni dall’inizio della cosiddetta fase tre. Motivazioni semplici: i giorni di ferie da utilizzare entro metà luglio, il desiderio di riprendere sane abitudini improvvisamente interrotte, la voglia di vedere posti nuovi e, da ultimo, il desiderio di dare un piccolissimo contributo alla ripresa del turismo.
Come molti altri, per praticità, sicurezza e “amor patrio”, abbiamo scelto una meta “domestica”. Avevamo un debito con la Calabria, tante volte attraversata per raggiungere la Sicilia, mai visitata con attenzione. Molti ne hanno decantato le bellezze, altrettanti segnalato disfunzioni, problemi, inconvenienti.
Tre località nel nostro “mirino”: Cerchiara, al limite sud orientale del Parco del Pollino, località termale di media collina, base per le escursioni alle Gole del Raganello e alle prime montagne del Parco; Le Castella di Isola Capo Rizzuto, media costa ionica, limite meridionale dell’omonima Area Marina Protetta; Tropea, celebratissima località balneare tirrenica. In sette giorni non si poteva pretendere di più. E la Calabria ha largamente ripagato la nostra scelta.
Qualche rapidissima impressione. Le montagne calabresi sono fantastiche. Da qualsiasi cima, anche la più modesta, si aprono panorami mozzafiato su infiniti versanti verdeggianti, su colline e pianure coltivate che degradano nel mare azzurrissimo. Sul Monte Sèllaro, nel tardo pomeriggio, abbiamo incontrato cavalli allo stato brado, capre d’altura, bovini al pascolo. Non meno affascinanti le spiagge selvagge di Capo Rizzuto. Tratti di pineta precedono imponenti dune e la lussureggiante vegetazione lambisce l’acqua cristallina. A poche centinaia di metri la sabbia muta colore, si fa bianca, dorata, rossastra. Tratti di costa rocciosa esaltano i mille riflessi dell’acqua. Il silenzio accompagna i passi del visitatore. Indimenticabile, nella morbida luce dell’alba, l’imponente castello aragonese poggiato placidamente in mare. Tropea ci ha accolto con il suo volto migliore. Città nobile, autorevole, maestosamente affacciata sul mare. Abbiamo trovato tanti compagni di viaggio senza mai essere “soffocati” dalle annunciate orde di turisti “mordi e fuggi”. Bellissimo raggiungere un isolato promontorio vicino a Joppolo e lasciar correre lo sguardo dalla piana di Gioia Tauro alla costa rocciosa di Capo Vaticano, osservando il colore del mare mutare dal verde dei fondali sabbiosi alle sfumature di azzurro e di blu delle coste ripide e profonde. All’orizzonte il profilo sfumato e allusivo delle Isole Eolie.
Non sono mancati gli inconvenienti: musei e monumenti “momentaneamente” chiusi, terme inagibili per “lavori di ristrutturazione” o, nel migliore dei casi, in attesa “di prossima apertura”, località sotto sequestro giudiziario. Per metà colpa del Covid 19, per metà incuria e scarsa capacità di valorizzare i “beni comuni”. Questa è la Calabria, questo il Mezzogiorno, questa l’Italia, un intreccio inestricabile di bellezza e incuria, di accoglienza e indifferenza, di “miseria e nobiltà”.
Il nostro breve viaggio ha mostrato, con assoluta chiarezza, che il Paese ha voglia e necessità di ripartire, al più presto. Anche i piccoli bed&breakfast accolgono i turisti rispettando le misure di sicurezza, con prudenza ma anche con calma e sicurezza. Nei locali pubblici e negli esercizi commerciali tutti, assolutamente tutti, indossano le mascherine, molti anche i guanti, tanto nelle città quanto nei paesini di montagna, rispettando le regole del distanziamento fisico. Non avremmo immaginato tanto rigore in una regione colpita marginalmente dagli effetti del Coronavirus. Ma una saggia signora del posto spiega che i calabresi non possono permettersi la diffusione del virus, anche per le precarie condizioni del loro sistema sanitario.
Infine una nota di speranza. Sarà un caso, ma siamo stati ospiti di strutture recettive gestite da giovani, capaci, professionali, determinati. Allo stesso modo nei ristoranti e negli esercizi commerciali abbiamo incontrato molti ragazzi che hanno investito risorse, tempo e speranze nell’accoglienza. È un ottimo segnale per la Calabria e per l’Italia. Facciamo in modo che questo meraviglioso investimento non sia vanificato da quella scarsa considerazione dei beni comuni che sembra essere una vera maledizione in tanta parte del nostro Paese.
Sono nato a Pescara il 18 settembre 1955 e vivo a Francavilla al Mare con mia moglie Francesca e i miei figli Camilla e Claudio. Ho una formazione umanistica, acquisita frequentando prima il Liceo Classico G.B. Vico di Chieti e poi l’Università di Padova, dove mi sono laureato in Filosofia con Umberto Curi. Il primo lavoro è stato nella cooperazione: un’esperienza che ha segnato il mio futuro. Lì ho imparato a tenere insieme idealità e imprenditorialità, impegno individuale e dimensione collettiva, profitto e responsabilità. Negli anni seguenti ho diretto un’agenzia di sviluppo locale e promozione imprenditoriale, sono stato dirigente in un ente locale, ho lavorato come consulente anche per importanti aziende globali. Oggi sono presidente di una start up cooperativa: evidentemente i grandi amori tornano di prepotenza, quando meno te lo aspetti. Nel lavoro mi piace condividere progetti, costruire percorsi inediti, fare squadra, veder crescere giovani professionalità. Amo leggere e ascoltare musica, camminare in montagna e, appena possibile, intraprendere un nuovo viaggio.
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