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Sono passati solo pochi giorni da quando in Ungheria è passata la legge che ha dato pieni poteri al premier Orban (come avevamo scritto in questo articolo) ed è passata immediatamente una legge contro i transgender, in realtà già approntata dal suo fedele vice Primo ministro Zsolt Semien.
Con la nuova normativa le autorità ungheresi non potranno più registrare sui documenti di identità l’eventuale nuovo genere di qualsiasi persona che abbia cambiato sesso.
Questa decisione ricorda purtroppo gli anni bui di regimi omofobi dei passati anni venti e trenta, regimi di orride dittature persino in Europa come quelle di Germania, Italia e Spagna. In effetti introduce discriminazioni assurde per i transessuali: per esempio, chi abbia cambiato sesso e si sia sposato con una persona di sesso diverso, improvvisamente per lo Stato non sarà più parte di un’unione etero e “normale”.
Di conseguenza questa unione verrà schedata e sarà esclusa da ogni beneficio per la famiglia, tant’è che il testo della nuova legge recita: «Cambiare il proprio sesso biologico è impossibile, i caratteri sessuali primari e le caratteristiche cromosomiche sono immutabili e non possono essere modificate da nessun ufficio di registro dello Stato civile magiaro». Naturalmente tutta la comunità Lgbt non è ben vista dal governo di Orban che nega ogni diritto umano e internazionale.
Dopo la denuncia dell’Unhcr scattata un paio di anni fa contro Orban per il trattamento duro e disumano riservato ai migranti dal governo ungherese che – ricordiamo – venivano rinchiusi in un vero e proprio ghetto con tanto di filo spinato, senza poter opporre alcuna resistenza e senza che fosse permesso che alcuna informazione trapelasse, l’Unione Europea ha duramente criticato questa nuova legge ungherese e il commissario Ue per i diritti umani Dunja Mijatovic ha immediatamente affermato: «Le persone Lgbt e transgender hanno diritto a una vita normale senza discriminazioni basata sul diritto all’autodeterminazione. Le autorità ungheresi devono garantire il loro diritto a procedure rapide e trasparenti per cambiare nome e gender sul registro civile nonché su carte d’identità, passaporti e altri documenti. È un diritto umano fondamentale, il riconoscimento ufficiale di gender è questione di dignità umana». (fonte Repubblica)
Ma c’è di più: Orban è stato apertamente criticato da 13 forze politiche appartenenti al PPE (Partito Popolare Europeo), di cui il partito del premier ungherese Fidesz fa parte,e da cui è stato sospeso ma non ancora espulso. Senza por tempo in mezzo, lo stesso Primo ministro ha risposto con arroganza su carta intestata alle critiche: «Non ho tempo per dibattiti su quale tipo di democrazia, devo lottare contro il virus nella mia patria, fate altrettanto e non interferite nei nostri affari interni».
La UE, dal canto suo, pur esponendosi contro l’operato del governo ungherese contro i principi del diritto internazionale, non ha mai agito concretamente e tutto si è sempre risolto con parole di condanna e basta.
Purtroppo un cammino, quello dell’Ungheria, iniziato esattamente come molti temevano nella direzione dell’abolizione dei diritti umani e civili, con una dittatura di fatto che fa parte dell’Unione europea. Lo si può permettere davvero?
Sono nata a Milano il 3 giugno 1957 da genitori piemontesi. Mi sento però a tutti gli effetti milanese perché amo profondamente la mia città. Ho frequentato il Liceo Classico Omero, percorso di studi che rifarei senza alcuna remora. Amo tutta la letteratura e tutti i libri che siano degni di chiamarsi tali e possiedo una notevole libreria in casa, tant’è che ho fatto rinforzare i pavimenti.
Ho svolto nel corso degli anni praticamente tutti i lavori inerenti ad aziende di commercio alimentare, dall’import alla contabilità, alla conoscenza dei prodotti.
Sono poi passata a interessarmi di economia e finanza ma le mie passioni rimangono quelle umanistiche, in particolare la Storia. Mi piace molto scrivere, attività che ho sempre svolto con molta passione.
Adoro tutta la musica, da quella classica a quella contemporanea, da quella popolare a quella cantautoriale.
Mi diverto a cucinare i piatti della tradizione e, ahimè, oltre a cucinarli, li mangio.
Mi piacciono le sfide e amo confrontarmi con gli altri, per questo sono contenta di collaborare con Felicità Pubblica che me ne dà l’opportunità…
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