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Ecco di nuovo il 27 gennaio e quanti si occupano di storia, di memoria e di società civile sono impegnati a parlare di quel che è stato, nella speranza che non si ripeta. È un lavoro importante, che vede storici, insegnanti, giornalisti, associazioni e sopravvissuti ai campi di sterminio moltiplicare freneticamente gli sforzi e interfacciarsi con le istituzioni e con le scuole, che viene svolto ponendosi la domanda di come utilizzare nel presente la memoria del passato.
Mentre nei giorni scorsi ci si preparava a parlare della Shoah che fu, tuttavia, il Paese sembrava precipitare velocemente verso la Shoah che sarà. La convinzione granitica che le situazioni del secolo scorso siano definitivamente concluse, che non possano più riproporsi, supera l’esperienza quotidiana, il numero impressionante di orrendi atti di discriminazione e violenza e la spaventosa propagazione del razzismo e dell’omofobia attraverso i nuovi e i vecchi media.
È irrilevante mettersi a pensare a quali categorie, quali minoranze, toccherà la persecuzione, persino oggi 27 gennaio, perché saremo tutti coinvolti comunque. La persecuzione di una minoranza qualsiasi sdogana la persecuzione di tutte le altre e mette quindi in pericolo la totalità dei cittadini, ognuno diverso a modo suo e quindi minoritario in uno o più aspetti. In questa nuova era di violenza nazifascista siamo entrati già da tempo, in realtà, anche se abbiamo messo la testa sotto la sabbia per non vedere e non sentire. Quando il leghista e nazifascista Traini ha imbracciato un’arma e si è messo a sparare a Macerata contro chi aveva una pelle più scura della sua, facendo seguire i fatti all’ondata razzista di parole che imperversava e imperversa sui media, doveva essere chiaro a tutti.
Oggi si minacciano le persone con scritte sulle porte, si danno in pasto all’opinione pubblica ragazzi d’origine straniera accusati – dalla vicina, non dalla polizia – di spacciare droga, si sputa sui ragazzi che sembrano provenire da altri paesi sui treni, si picchiano gli omosessuali.
Il tutto impunemente,
Il fascismo è qui, oggi. Non bussa alla tua porta, ti suona il citofono con una truppa di giornalisti embedded al seguito, chiedendo di provare che sei innocente anche se vieni dalla Tunisia.
E come accadde circa 100 anni fa, così anche oggi, 27 gennaio 2020, non si vuole vedere quello che è evidente: l’orrore di un presente in cui la folla giudica i diversi, lo squadrismo che si affaccia, la diffidenza verso chi non è conforme che si tramutano rapidamente in sete di sangue.
E l’uomo comune, che non è fascista, segue la folla, perché uno zingaro ha rubato una volta al cugino del portiere di sua zia o perché ha paura che le ONG sbarchino sulle nostre coste 500 milioni di Africani, 50 alla volta, perché non ha fiducia nelle istituzioni (e ha pure le sue ragioni in questo) e vuole che qualcuno sistemi le cose, chiunque esso sia. Lo stato di diritto non c’è più, è la folla che decide… quella finta di Twitter, pagata in Russia o nell’Europa dell’Est pochi centesimi a like e retweet… e quella vera che cresce a forza di vedere l’impunità di cui godono oggi i nuovi fascisti e di annusare l’aria che tira, quella di una nuova era di guerra e persecuzione.
Sono nato sul pianeta Terra verso la metà degli anni sessanta. La prima grande notizia che ricordo è lo sbarco sulla Luna e ancora oggi mi ispira l’immagine fantasiosa che l’accompagnava: un nero in tuta d’astronauta che suona la tromba mentre il mio pianeta sorge all’orizzonte. L’amore per la narrativa fantastica, la scienza, la musica, i diritti umani e anche per i giochi di prospettiva magari non viene solo da lì, tuttavia mi piace pensare che quel fotogramma, nato dalla confusione di un bambino e ancora poeticamente impresso nella mente a 50 anni di distanza, ha giocato un ruolo importante. Mi occupo di ascoltare, raccontare e ragionare insieme alle persone e amo farlo in modo piacevole, allegro, conviviale. Sono informatico e autore di narrativa di genere, lavoro in ambito editoriale, nell’organizzazione di eventi, nella comunicazione, nella formazione e molto altro. Ficco il naso in mille argomenti, studiando con grande gioia tutto quello che incontro davanti a me e cercando di mantenere una visione generale, di non perdere il senso delle cose.
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