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La caccia alle balene da parte del Giappone si è riaperta un paio di mesi fa dopo 30 anni, ma una ricerca pubblicata dal Fondo Monetario Internazionale spiega che le balene e il loro ecosistema rappresenterebbero un punto focale nel meccanismo che porta all’assorbimento di ben 37 miliardi di tonnellate di CO2, cioè il 40% di tutto quello prodotto nel mondo.
Dunque la cura più importante per la riduzione di anidride carbonica si troverebbe proprio negli oceani, là dove lo scenario di devastazione climatica è tra i più allarmanti.
Il cetaceo, nei suoi 60 anni di vita media, assorbe in media 33 tonnellate di CO2 e, quando muore in modo naturale, la sua carcassa porta con sé l’anidride carbonica sul fondo degli oceani, dove rimane per secoli. È sufficiente pensare che un albero assorbe circa 22 kg di CO2 all’anno, per cui è facile dedurre che l’ecosistema dei cetacei sarebbe in grado di assorbire l’equivalente di ben 4 foreste amazzoniche, vale a dire oltre 1.700 miliardi di alberi.
Infatti è proprio l’ecosistema delle balene, legato alla loro digestione e agli spostamenti nei mari, a essere il più importante per la vita marina e per quella della Terra: per esempio gli escrementi della balena sono ricchi di ferro e azoto, elementi fondamentali allo sviluppo del fitoplancton. E sono proprio le creazioni di enormi concentrazioni di fitoplancton a rappresentare il più efficiente assorbente di anidride carbonica. Pare conseguenza ovvia, come spiegano i ricercatori, che se si incrementasse il numero di balene, aumenterebbe la produzione di fitoplancton, per cui lo studio indica che bisognerebbe impedire alle navi di operare nelle aree in cui vivono le balene, e vietarne la caccia, dato che anche solo un incremento dell’1% di fitoplancton nei mari significherebbe assorbire centinaia di milioni di tonnellate di CO2 in più all’anno.
Del resto il numero delle balene in circolazione attualmente stimato è di circa 1,3 milioni di esemplari, contro i 4-5 milioni che solcavano i mari prima dell’avvento delle baleniere e della caccia industriale. Bisogna preservarle e anzi favorirne l’aumento.
Sono nata a Milano il 3 giugno 1957 da genitori piemontesi. Mi sento però a tutti gli effetti milanese perché amo profondamente la mia città. Ho frequentato il Liceo Classico Omero, percorso di studi che rifarei senza alcuna remora. Amo tutta la letteratura e tutti i libri che siano degni di chiamarsi tali e possiedo una notevole libreria in casa, tant’è che ho fatto rinforzare i pavimenti.
Ho svolto nel corso degli anni praticamente tutti i lavori inerenti ad aziende di commercio alimentare, dall’import alla contabilità, alla conoscenza dei prodotti.
Sono poi passata a interessarmi di economia e finanza ma le mie passioni rimangono quelle umanistiche, in particolare la Storia. Mi piace molto scrivere, attività che ho sempre svolto con molta passione.
Adoro tutta la musica, da quella classica a quella contemporanea, da quella popolare a quella cantautoriale.
Mi diverto a cucinare i piatti della tradizione e, ahimè, oltre a cucinarli, li mangio.
Mi piacciono le sfide e amo confrontarmi con gli altri, per questo sono contenta di collaborare con Felicità Pubblica che me ne dà l’opportunità…
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