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Il traditore di Marco Bellocchio

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Il traditore, ultimo film di Marco Bellocchio, traccia un quadro preciso del tempo che racconta. Pierfrancesco Favino è Tommaso Buscetta, primo pentito di “Cosa nostra” ad aver raccontato la struttura del potere mafioso.

Il film si apre con i festeggiamenti per Santa Rosalia, protettrice di Palermo, città delle origini e al tempo stesso città da cui Buscetta si allontana. Ma sarà la città a non allontanarsi da lui, o meglio le persone con cui ha condiviso la sua vita che, quando Totò Riina comincia la guerra per il potere, gli impongono di prendere parte attiva nella difesa da quel feroce attacco.

E allora comincia il suo viaggio, dal Brasile e dalla sua nuova famiglia a Palermo, in un ideale e non voluto ritorno a casa per combattere una guerra che non sente sua.

Fondamentale sarà l’incontro con Giovanni Falcone, magistrato attento che accoglie con rispetto e sguardo analitico il racconto di Buscetta, il quale illustra una struttura al di là di ogni aspettativa, piramidale e solida, da cui non si può uscire e qualora si tentasse si verrebbe inevitabilmente puniti.

Incontro dopo incontro Buscetta acquista fiducia in Falcone, comincia a nominare tutte le persone coinvolte; il culmine della tensione si raggiunge durante le udienze del maxi processo, situazione decisamente complessa, difficile da gestire, in cui non mancano colpi di scena e gesti forti.

Narrativamente molto efficace è il racconto dei confronti in aula tra Buscetta e alcune figure di rilievo del “sistema”: fanno trasparire quanto la “moralità” delle persone, tanto declamata dal codice mafioso, si perda in un attimo davanti all’esercizio della giustizia.

Marco Bellocchio presenta un film deciso, netto, con colori saturi, senza lasciare spazio all’immaginazione. Le ambientazioni sono assolutamente fedeli e lo stesso vale per i costumi; una menzione speciale a Luigi Lo Cascio per la sua bravura e in particolare per la capacità di parlare il dialetto siciliano in modo assolutamente realistico.

Ultimo, forse qui sì per importanza, Pierfrancesco Favino, perfetto nell’interpretazione di Buscetta, mai eccessivo e capace di rendere anche le più piccole espressioni del volto in una maniera ammirevole. Il personaggio è senza dubbio complesso: appare spesso debole, preoccupato, in pensiero per le persone a lui care e sinceramente legato a chi un giorno era come un fratello e oggi lo tradisce. Emerge l’uomo più che l’affiliato, non rinnega mai la sua appartenenza ma non sopporta ciò che quell’associazione è diventata.

 

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