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“La mia battaglia” di Elio Germano

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Siete mai andati a teatro senza sapere nulla dello spettacolo che vi accingevate a vedere? A me è accaduto in pochissime occasioni. Eppure così è stato per La mia battaglia di Elio Germano. In realtà non avevo fatto caso neppure al titolo. Spettacolo in abbonamento e poi, la notorietà e la bravura dell’interprete hanno fatto premio su tutto. Ma questa grave disattenzione si è rivelata provvidenziale. Nessuna informazione sul genere e sui temi trattati, nessuna aspettativa precisa, massima sorpresa, addirittura stupore. E ora sono qui a consigliare vivamente ai lettori di Felicità Pubblica di non perdere questa esperienza teatrale. Perché di una vera e propria esperienza teatrale si tratta.

Si assiste ad un monologo. Le note di regia parlano di “un attore, o forse un comico, ipnotizzatore non dichiarato, durante uno spettacolo di intrattenimento” che manipola “gli spettatori in un crescendo di autocompiacimento, anche verbale, fino a giungere, al termine del suo show, a una drammatica imprevedibile svolta”.

In realtà c’è molto di più. L’avvio è confidenziale, intimo. Nei primi minuti non si sa bene se sia iniziato lo spettacolo oppure il protagonista stia intrattenendo il pubblico in convenevoli preliminari. La scena è spoglia. Il dialogo leggero, apparentemente disimpegnato. Via via il confronto si fa più serrato. “Immaginiamo di essere naufraghi su un’isola deserta”. Gli interrogativi diventano diretti, chiedono prese di posizione su questioni all’ordine del giorno: la comunità, la convivenza, le competenze, l’ecologia, la democrazia. L’applauso del pubblico esprime adesione alle diverse tesi dell’attore. Ma l’evoluzione del ragionamento contraddice la validità dell’affermazione precedente per aprire ulteriori scenari. E il pubblico continua ad applaudire. In alcuni spettatori si fa strada l’imbarazzante sensazione che qualcosa non vada per il verso giusto. Il ritmo diventa sempre più incalzante. Si viene trascinati in pieno nelle questioni della vita quotidiana. Dal tono problematico si passa ad affermazioni sempre più decise, incisive, perentorie. Sembra affacciarsi “lo spettro di un estremismo di ritorno travestito da semplice buon senso”. Cresce il coinvolgimento di una parte del pubblico. Gli applausi si fanno più numerosi e intensi. Aumenta, al contempo, il disagio di quella parte del pubblico che non comprende bene in che direzione si stia andando.  Elio Germano diventa assertivo e autoritario. Gli spettatori si dividono in modo esplicito tra chi applaude con entusiasmo e chi dissente provocando un brusio di fondo. Ed ecco il finale, inatteso, drammatico. Di più è meglio non dire, lasciando a chi lo vorrà, come è accaduto a me, scoprire direttamente l’epilogo.

Aggiungo solo che La mia battaglia rappresenta una bella pagina di teatro “civile”. Un efficace aiuto per comprendere cosa si celi dietro l’appello al “buon senso”, oggi così in voga. Uno spettacolo che va vissuto con un occhio al palco e un altro al pubblico, alla poltrona a fianco.

Inutile dire che la prova di Elio Germano è assolutamente convincente e coinvolgente; così come il testo, nella sua semplicità, risulta geniale.

Un’ultima notazione. Lavorando a queste poche righe ho scoperto che la prima messa in scena risale all’inizio 2018, anche se le date più numerose sono in programmazione nella stagione 2018/2019. Questo dato conferma, ancora una volta, la capacità dell’arte di capire in anticipo lo spirito dei tempi. Ma questo sarà più chiaro dopo aver incontrato il protagonista de La mia battaglia.

 

Produttore: Infinito srl
Regista: Elio Germano
Autori: Elio Germano e Chiara Lagani
Protagonista: Elio Germano

 

 

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