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Secondo Federfarma in Italia sono a rischio molte farmacie rurali

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È partita dall’assessore alla sanità della Regione Piemonte Antonio Saitta la proposta di un patto operativo, condiviso da Federfarma, con amministrazioni comunali e sindacati per garantire la presenza di medici di famiglia pediatri e farmacie rurali nei piccoli centri e nelle aree montane, attraverso un contributo aggiuntivo a chi decide di prestare la propria attività in queste zone. Il patto operativo, secondo Federfarma, sarebbe da estendere sul territorio nazionale.

In effetti, a livello nazionale, lo spopolamento di alcune zone è molto sentito dalle cosiddette farmacie rurali, quelle ubicate in piccoli comuni e centri con una popolazione molto scarsa: in questi luoghi le farmacie lavorano per essere dei veri e propri centri di servizi, per poter sopperire, per esempio, alla mancanza del medico, diventando perciò veri e propri presidi di salute che forniscono alla popolazione un servizio indispensabile, rimanendo l’unico accesso al Servizio Sanitario Nazionale sul territorio.

Nel nostro Paese infatti ci sono molti centri montani (e non si pensi soltanto alle Alpi) oppure isolati o ancora abbarbicati sulle coste di isole meravigliose ma impervie, dove mancano non solo ambulatori medici ma anche uffici postali o presidi di sicurezza.

Per precisione, vengono chiamate farmacie rurali quelle che si trovano in centri con meno di 5.000 abitanti e sono divise in modo uguale a Nord, Centro e Sud Italia, anche se in alcune Regioni se ne registra una presenza maggiore. Ma ben 2.000 farmacie si trovano in Comuni sotto i 2.000 abitanti e 274 in Comuni con meno di 500 abitanti (fonte Ansa).

Ha spiegato Silvia Pagliacci, presidente del Sunifar, il sindacato dei farmacisti rurali di Federfarma, che molte farmacie (circa un migliaio) sono a rischio chiusura, a causa dei fatturati che diminuiscono sempre di più e alle difficoltà di gestione. In effetti il farmacista rurale deve assicurare anche una disponibilità continua (giorno, notte, festivi) che condiziona enormemente la qualità della vita sua e dei suoi familiari.

Infatti, continua Silvia Pagliacci: «Tra i motivi di difficoltà vi è la scelta delle Regioni di diminuire la Distribuzione di Farmaci per conto, a favore della Distribuzione Diretta: questo significa che il paziente che prima ritirava i medicinali dispensati dal Servizio Sanitario Nazionale nella farmacia sotto casa ora deve andare a ritirarli in ospedale o centri di erogazioni delle Asl, tra l’altro a sue spese e con problemi di spostamento».

Ma c’è un altro paradosso, dal momento che le circa 4.700 farmacie rurali che si trovano in centri con meno di 3.000 abitanti ricevono un sussidio: il problema è che questo aiuto economico non è mai stato rivalutato dal 1969 e naturalmente oggi il suo valore è diminuito di 20 volte rispetto a quello iniziale.

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