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I rom subiscono soprusi ma la loro cultura si tramanda da secoli

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Musli Alievsky,il giovane fondatore dell’associazione onlus Stay Human ha dichiarato in una nota: «Il popolo rom e sinti continua a subire soprusi e angherie nell’indifferenza di molti, quei molti che ignorano quanto l’indifferenza possa uccidere. Quando cresci e vivi in una società che in nome della libertà di espressione si sente libera di offenderti e vomitarti contro parole di odio ti trovi spesso costretto ad interiorizzarle, a concepirle come fossero la normalità».

Il professore e musicista Alexian Santino Spinelli (di cui abbiamo parlato qui), facendo eco alle parole di Alievsky, ci tiene a ricordare come la cultura della popolazione romanès sia transnazionale e multiforme, con infinite sfaccettature e sfumature, essendo distribuita in ogni continente e in tantissimi Paesi.

Una cultura che si è tramandata oralmente di generazione in generazione per almeno quindici secoli, esponendosi a influenze culturali diverse nel corso del lungo viaggio del popolo rom dall’India verso i Paesi occidentali e addirittura capace di ispirare alcuni tra i più grandi compositori musicali mondiali: da Brahms a Listz, da Bizet a De Falla, da Schubert a Debussy, sino ai compositori e musicisti più contemporanei; una popolazione pacifica, che non ha mai fatto la guerra a nessuno. Ma che è stata perseguitata sempre e in ogni luogo.

Come continua a considerare il professor Spinelli, in realtà si dovrebbe parlare di culture romanès, perché le tradizioni sono tante e diverse tra loro e quindi ogni comunità romanì rappresenta un mondo a sé stante.

Ma i concetti basilari rimangono più o meno gli stessi per tutti, basandosi su una percezione dualistica del mondo, contrapponendo concetti come onore e vergogna, puro e impuro, fortuna e sfortuna; tutte queste percezioni esercitano un forte condizionamento nella vita delle comunità e negli individui, rappresentando criteri di orientamento per tutti.

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