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I Paesi del mondo adeguano le tassazioni sugli assorbenti femminili, ma non l’Italia

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A livello mondiale, da anni si discute se i prodotti necessari all’igiene intima femminile siano beni di prima necessità e finalmente sta crescendo la consapevolezza che gli articoli utilizzati durante il ciclo mestruale – assorbenti, tamponi, coppette e persino analgesici in alcuni casi – siano davvero essenziali.

Senza questi prodotti, va detto, sarebbe perlomeno difficile per le donne avere un’attività lavorativa “normale” e nessuno lo può mettere in dubbio.

Ecco che, quindi, sempre più Paesi nel mondo stanno modificando la tassazione su questi articoli, abbassando o addirittura eliminando l’Iva o le tasse analoghe come la Vat.

Infatti sono state fatte petizioni e campagne (di cui anche noi avevamo dato conto qui) per eliminare questa odiosa imposta tutta al femminile.

Diversi Paesi hanno preso misure e l’ultimo in ordine di tempo è stato la Spagna dove il ministro delle Finanze, la socialista María Jesús Montero ha reso noto che il governo ridurrà la Vat al 4% su prodotti femminili che, non essendo considerati generi di prima necessità, al momento nel Paese iberico sono soggetti alla tassazione al 10%.

Riduzione già eseguita nelle Isole Canarie che anzi sono andate oltre, dal momento che dal primo gennaio di quest’anno sono state totalmente eliminate le tasse su pillole antidolorifiche, assorbenti e coppette. Non per niente Rosa Dávila, responsabile del Fisco delle Canarie ha dichiarato: «Vogliamo dare ispirazione ad altre regioni d’Europa e in particolare alla Commissione europea, che sta aggiornando il regolamento Iva, così che ne possa tenere conto per tutte le donne europee».

Un altro esempio emblematico è quello della Scozia dove da settembre – come dichiarato da The Guardian – le studentesse hanno cominciato a ricevere gratuitamente assorbenti e articoli sanitari femminili per la “period poverty”, vale a dire quella povertà che riguarda studentesse in difficoltà economica che durante il ciclo mestruale sono impossibilitate a frequentare le lezioni perché non possono sostenere le spese. Il programma scozzese fornirà articoli sanitari a circa 400.000 ragazze e costerà circa 5 milioni di sterline.

Del resto il Regno Unito aveva già abbassato l’Iva su questi prodotti nel 2000 e la Francia ha abbassato la tassazione dal 20% al 5,5%, mentre Belgio e Olanda l’hanno portata al 6% e l’Irlanda l’ha azzerata.

Anche il Canada ha azzerato nel 2015 le tasse sugli articoli per le donne, l’India le ha cancellate pochi mesi fa e in Australia non si pagheranno più su assorbenti e tamponi dal 1° gennaio 2019.

E in Italia? In Italia pare non ci sia modo di scardinare questa tassazione. Che tra l’altro, corrisponde a quella dei beni di lusso, vale a dire il 22% che viene applicata anche ai pannolini per bambini. Ovviamente, perché l’Iva agevolata al 4% si applica a generi considerati primari, come latte, ortaggi, libri (ma non elettronici) occhiali, pane e, udite e udite, rasoi da barba. Non è quindi illecito pensare possa esserci dietro una mano leggermente misogina di un legislatore certamente maschio, barbuto, lettore e miope che dei problemi femminili e dell’infanzia conosce poco.

Ci auguriamo quindi che qualcuno trovi finalmente una soluzione per ridimensionare un’ingiustizia che colpisce la parte più indifesa della nostra popolazione, quella fatta da donne e bambini.

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