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Venivano definite “il pane dei poveri” all’inizio del secolo scorso perché sono state il sostentamento principale di migliaia di persone che non potevano permettersi altro per riempire la pancia affamata. Stiamo parlando delle castagne. Che le pance le riempivano, in effetti, ma certamente non erano sufficienti al necessario fabbisogno calorico e nutriente umano. Tant’è che anche in famose canzoni della Resistenza sono state citate come cibo indispensabile per chi si era dato alla macchia per diventare partigiano: “Mangerai sol polenta e castagne, ti verrà l’acidità” (cit. Se non ci ammazza i crucchi).
Adesso la situazione è molto diversa: le castagne sono diventate una prelibatezza e anche il loro prezzo le ha consacrate come tali. Del resto quelle autoctone che arrivavano sulle nostre tavole sono, nel tempo, diventate sempre più scarse. Purtroppo proprio i nostri frutti hanno rischiato la scomparsa perché – da molti anni – il raccolto era ampiamente diminuito a causa di un insetto-killer, il “cinipide galligeno del castagno” (in latino «dryocosmus kuriphilus»), proveniente dalla Cina che per anni ha infestato i boschi di tutta Italia. Il parassita provoca nella pianta la formazione di galle, cioè deformazioni e ingrossamenti delle gemme di varie forme e dimensioni impedendo la formazione dei frutti. Contro questo insetto è stata avviata una lotta biologica diffondendo sui castagni un insetto antagonista, il “torymus sinesis” che ha ridotto in modo notevole la popolazione del parassita.
Ecco quindi che Coldiretti celebra il ritorno delle castagne il cui raccolto ha quest’anno superato i 30 milioni di chilogrammi, superiore dell’80% rispetto a soli 5 anni fa. Ma l’associazione aggiunge che «siamo ancora lontani dai fasti del passato, quando si raggiunse la produzione di 829 milioni di chili».
Inoltre sempre Coldiretti – parlando dell’albero che le produce, il castagno – sostiene: «Riveste un ruolo importante in molte aree collinari e montane del nostro Paese, non solo per la produzione di frutti e legno, ma anche per il presidio del territorio e per la salvaguardia dell’assetto ambientale e idrogeologico. La bellezza dei boschi, con castagni spesso centenari, rende fruibili molti luoghi anche per scopi turistici e di svago», oltre a fornire l’habitat naturale per ottimi funghi, frutti di bosco e molti animali grandi e piccoli.
Naturalmente, con la ripresa della produzione nazionale caleranno le importazioni, ma proprio Coldiretti mette in guardia sul rischio di «trovarsi a tavola, senza saperlo, castagne straniere provenienti soprattutto da Turchia, Spagna, Portogallo e Grecia», spesso di qualità inferiore. Il nostro Paese lo scorso anno ha importato oltre 21 milioni di chili di castagne, spesso spacciate per italiane, con forte danno sui prezzi corrisposti ai produttori italiani. Da qui la richiesta di «assicurare più controlli sull’origine delle castagne messe in vendita in Italia, per evitare che diventino tutte, incredibilmente, tricolori». Tra l’altro le varietà di castagne italiane che hanno ricevuto il riconoscimento europeo sono ben 15 e crescono in regioni diverse che vanno dal Piemonte all’Emilia Romagna, alla Toscana, alla Campania, al Veneto e al Lazio, senza dimenticare il prelibato miele di castagno prodotto dalle api.
Sono nata a Milano il 3 giugno 1957 da genitori piemontesi. Mi sento però a tutti gli effetti milanese perché amo profondamente la mia città. Ho frequentato il Liceo Classico Omero, percorso di studi che rifarei senza alcuna remora. Amo tutta la letteratura e tutti i libri che siano degni di chiamarsi tali e possiedo una notevole libreria in casa, tant’è che ho fatto rinforzare i pavimenti.
Ho svolto nel corso degli anni praticamente tutti i lavori inerenti ad aziende di commercio alimentare, dall’import alla contabilità, alla conoscenza dei prodotti.
Sono poi passata a interessarmi di economia e finanza ma le mie passioni rimangono quelle umanistiche, in particolare la Storia. Mi piace molto scrivere, attività che ho sempre svolto con molta passione.
Adoro tutta la musica, da quella classica a quella contemporanea, da quella popolare a quella cantautoriale.
Mi diverto a cucinare i piatti della tradizione e, ahimè, oltre a cucinarli, li mangio.
Mi piacciono le sfide e amo confrontarmi con gli altri, per questo sono contenta di collaborare con Felicità Pubblica che me ne dà l’opportunità…
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