Portale di economia civile e Terzo Settore

Di Genova e di altre tragedie

16

E’ trascorsa più di una settimana dal tragico crollo del Ponte Morandi di Genova che ha spezzato la vita di 43 persone, soprattutto giovanissimi.

La notizia è arrivata alla mia attenzione poche decine di minuti dopo l’evento, grazie a un lancio di agenzia, mentre mi godevo le ferie sulla spiaggia. Sgomento, paura, incredulità, tristezza i miei primi sentimenti. Poi riflessione, indignazione, interrogativi e ancora paura. Quel sentimento irrazionale che ti coglie quando ti rendi conto che avresti potuto essere al loro posto, che tu di chilometri in autostrada ne percorri migliaia e che probabilmente spesso ti capita di attraversare l’Italia in bilico su un filo sottilissimo, che può spezzarsi in qualsiasi momento.

E’ per questa ragione che, non avendo potuto scrivere nulla a riguardo nei giorni della tragedia – a causa del blocco estivo del portale – sento oggi l’esigenza di tornare su questo argomento, seppure a qualcuno potrà sembrare un intervento tardivo.

Torno sulla paura, che per un bel po’ accompagnerà i miei viaggi in autostrada. Mi era già capitato nel marzo 2017 quando un cavalcavia era collassato sulla A14 all’altezza di Ancona, schiacciando diverse macchine e uccidendo 2 persone. O l’anno precedente, quando un altro cavalcavia era franato su una strada statale a Lecco, causando la morte di un uomo.

Penserete che la paura è uno stato d’animo normale in questi casi, che non c’è nulla di anomalo nel temere qualcosa quando avete ancora negli occhi le immagini della devastazione e della morte che avete visto nei giorni precedenti in tv. Accade con il terremoto, accade con le esondazioni dei fiumi, le frane e molti altri eventi atmosferici.

Ciò che non è normale, però, è quel terrore che fa aumentare i battiti nel petto quando senti i giunti del ponte sotto la tua auto e sai che potrebbe succedere anche a te per via della mancanza di attenzione, per l’assenza di manutenzione e controlli. Quando hai visto le immagini di piloni scrostati con ferri arrugginiti in vista e quando sai che l’autostrada che percorri spesso per tornare a casa è composta da una lunga serie di altissimi viadotti che attraversano le montagne abruzzesi. Quello stesso splendido territorio dove troppo spesso la natura si fa sentire scuotendo forte la terra, ma dove altrettanto spesso chi dovrebbe vigilare, controllare, prevenire se ne dimentica.

Ci pensi tu, ma ci pensa anche l’intera opinione pubblica, i politici, gli amministratori, i dirigenti e i responsabili di quelle infrastrutture che oggi sono ancora in piedi ma potrebbero collassare da un momento all’altro come accaduto a Genova.

Ed ecco, come accade sempre in Italia, che scatta la corsa alla messa in sicurezza o – ahimé – la corsa all’annuncio della messa in sicurezza. Nei giorni scorsi, ad esempio, è stato chiuso il ponte di collegamento tra Ostia e Fiumicino. Si fa l’elenco delle infrastrutture più a rischio, la conta dei fondi necessari per renderle sicure, la stima dei tempi di realizzazione di quelle opere. Poi il tempo passa, la gente dimentica, la paura svanisce e la messa in sicurezza resta solo un dovere sulle scartoffie.

Fino alla tragedia successiva.

Il direttore

Vignetta di copertina: Freccia.

Bebe Vio, gli atleti paralimpici e la disabilità "sdoganata"
Consentitemi di pensare male

Leave A Reply

Your email address will not be published.

Loading Facebook Comments ...