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Si chiama Cirasela, ha 15 mesi, e in questi giorni ha, suo malgrado, riempito le pagine di cronaca dei giornali con la triste vicenda che l’ha vista protagonista. Lei è la bimba rom che è stata colpita alla schiena da un proiettile sparato con una pistola a piombini e che ora rischia la paralisi. Il fatto è avvenuto a Roma mentre la piccola e indifesa bambina si trovava in braccio alla madre. Gli inquirenti, che sono al lavoro sul caso, stanno cercando di risalire all’autore del folle gesto anche se per il momento non ci sono grandi indizi e l’azione criminale rischia di rimanere impunita.
Difficile tuttavia non sospettare che dietro il colpo sparato a bruciapelo lungo una strada di Roma ci sia una questione di odio razziale. Cirasela, infatti, è una bimba rom che vive in un campo nomadi di Salone e probabilmente, più che a lei, il colpo era indirizzato più in generale alla sua etnia.
“Mentre camminavamo in via Palmiro Togliatti abbiamo sentito un colpo, un rumore come quello di un petardo. Poi la bambina ha iniziato a piangere. A quel punto ho vinto sangue uscire tra schiena e spalla. C’è rischio che la bambina non possa più camminare”, ha raccontato il padre di Cirasela alle telecamere Rai di Agorà.
Lei, che aveva appena imparato a camminare, rischia dunque la paralisi per le possibili conseguenze riportate alla sua piccola colonna vertebrale, non solo per colpa di una persona disturbata, ma di un clima di odio razziale che sta prendendo sempre più piede.
E’ sconvolgente, infatti, il commento di un passante intervistato da un programma televisivo che, commentando l’accaduto, ha dichiarato: “Vabbè dai, era una pistola a piombini. Io avrei sparato con un proiettile vero”. E davanti allo sconcerto del giornalista, che gli faceva notare che si stava parlando di una bambina, lui ha aggiunto: “I bambini sono i peggiori perché sono loro che vanno a rubare”.
Una voce fuori dal coro? No, purtroppo. Sono in molti a pensarla così e ad avere dei forti pregiudizi nei confronti delle comunità romanes. E’ per questa ragione che gli attivisti rom, esponenti di una ventina di associazioni, hanno scritto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per chiedere giustizia e affinché “con le sue parole rischiari la coscienza collettiva restituendole quel senso di umanità che sembra smarrito. Sappiamo che dieci anni di campagne di discriminazione e odio contro chi non ha altra colpa che essere diverso hanno coltivato rancore e rabbia in chi ha bisogno di trovare un colpevole al proprio disagio”.
Un’umanità che ancora una volta è stata smarrita, su un marciapiede, ai danni di una bambina di 15 mesi che ora rischia di non poter più camminare.
Sono nata ad Avezzano (L’Aquila) sotto il segno dell’acquario, il 18 febbraio 1981, e dal 2009 vivo a Montesilvano (Pescara). Socievole, chiacchierona e curiosa dalla nascita, ho assecondato questa naturale inclinazione laureandomi a 24 anni in Scienze della Comunicazione a Perugia e scegliendo il giornalismo come ragione di vita prima ancora che come professione. Dopo diverse esperienze come giornalista di carta stampata e televisiva, dal 2012 mi occupo di cronaca per il quotidiano abruzzese il Centro, oltre a curare diversi progetti come freelance. Tra le mie più grandi passioni, oltre alla scrittura, ci sono i viaggi, la fotografia e il cinema, che nel 2011 mi hanno portato a realizzare, come coautrice, un documentario internazionale sulla figura della donna nell’area del Mediterraneo. Dall’estate 2015 ho il privilegio di dirigere il portale Felicità pubblica. Indipendente, idealista e sognatrice, credo nella famiglia, nell’amore, nell’amicizia e nella meritocrazia e spero in un futuro lavorativo migliore per i giovani giornalisti che, come me, preferiscono tenere i sogni in valigia piuttosto che chiuderli in un cassetto.
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