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Prendiamoci cura della salute mentale

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Dieci giorni fa ho ricordato la figura di Franco Basaglia, in occasione dei 40 anni della legge di riforma che porta il suo nome (leggi l’articolo). Ma sentirei di non aver onorato il suo nome e la sua azione se non mi soffermassi qualche attimo sulle criticità attuali dei servizi psichiatrici. Non certo per rimpiangere i tempi dei manicomi o per mettere in discussione l’impianto della riforma, quanto per non nascondere la testa sotto la sabbia e per guardare prima di ogni altra cosa al benessere delle persone. Vorrei adempiere quest’obbligo ricordando alcune riflessioni proposte in queste settimane, a partire da una chiara scelta di campo.

“Dopo 40 anni – dichiara Enrico Zanalda, segretario nazionale della Società Italiana di Psichiatria – possiamo ribadire che il sistema dei servizi di salute mentale italiano, unico in Europa senza ospedali psichiatrici, è tra i pochi ad essere interamente appartenente al Sistema sanitario nazionale, e ha la legislazione più liberale in termini di limitazione della libertà individuale, tramite l’Accertamento Sanitario Obbligatorio e il Trattamento Sanitario Obbligatorio. Anche dal punto di vista dei contenuti normativi sul ricovero coatto in ospedale, la 180 non mostra l’età che ha e le procedure risultano tutt’ora moderne. Viene posta in evidenza la sola presenza della malattia mentale e non della pericolosità e vengono garantiti tre livelli di controllo: livello sanitario (due medici), livello amministrativo (sindaco) e livello giuridico (giudice tutelare). Siamo convinti che il maggior merito di questa legge fu proprio quello di circoscrivere l’intervento psichiatrico forzoso alla patologia mentale, e non al comportamento ‘pericoloso’, abolendo il concetto di ‘pericoloso a sé o agli altri o di pubblico scandalo’ che caratterizzava il precedente ricovero coatto in manicomio. Ha inoltre escluso dal procedimento attuativo la necessità dell’intervento delle forze di Pubblica Sicurezza”.

Ma qual è oggi la situazione della malattia mentale? 800 mila persone assistite nei Dipartimenti di Salute Mentale e, secondo le stime dell’Oms, tra poco più di 10 anni, le malattie mentali sorpasseranno quelle cardiovascolari. Ricorda Bernardo Carpiniello, presidente della Società Italiana di Psichiatria (Sip): “Attualmente il 20% circa della popolazione afferente ai Dipartimenti di Salute Mentale italiani è costituta da persone affette da schizofrenia o altri disturbi mentali dello spettro psicotico. Il resto è costituito per circa il 31% da disturbi dell’umore (depressione maggiore 23,5 e disturbo bipolare 7,5%), il 13,5% da patologie comunemente indicate come disturbi nevrotici (quali disturbo ossessivo compulsivo, da stress post-traumatico, di panico o da ansia generalizzata, fobici, o somatoformi)”. Altre patologie riguardano “i disturbi di personalità (circa il 7%, spesso in comorbidità con altri disturbi mentali), da altri disturbi psichici e da uso di sostanze (circa il 18%), da quelle ‘tradizionali’ quali alcol, eroina, cocaina, cannabis, a quelle ‘nuove’ quali cannabinoli e psicostimolanti sintetici, e dalle cosiddette dipendenze comportamentali (circa il 4,5%). Una novità di questi ultimi anni riguarda le problematiche psichiche legate alla popolazione immigrata, in crescente ascesa che, in alcune regioni italiane, soprattutto nel Centro Nord, raggiunge circa il 10% dell’utenza totale”.

A fronte di questa diffusione del disagio psichico in almeno 14 regioni c’è carenza di personale, soprattutto nel Centro Sud. Mancano medici, psicologi, assistenti sociali ed educatori/tecnici della riabilitazione. Crescono carichi di lavoro e i livelli di stress; cresce anche l’insicurezza nei dipartimenti e nei centri di salute mentale, nelle Rems e al pronto soccorso. Le cure più innovative sono disponibili solo per pochi pazienti, anche per carenza di formazione specialistica.

“Oggi, per continuare l’azione intrapresa da Basaglia – afferma Claudio Mencacci dell’ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano – serve mettere nelle condizioni medici e operatori di poter assistere, curare, gestire quelli che potremmo considerati i pazienti più fragili in assoluto. E le loro famiglie, che vivono condizioni di vita difficilissime, spesso drammatiche. Di paura e di solitudine. Senza parlare del problema sicurezza, nelle zone di pronto soccorso e nei dipartimenti di salute mentale, che vedono in costante pericolo gli operatori”.

Ancora più preoccupata l’analisi proposta a inizio maggio dalla Reste Sostenibilità e Salute, che riunisce 25 associazioni che a vario titolo si occupano del tema.

“L’inadeguatezza delle risorse dei servizi di salute mentale riduce l’efficacia nel rispondere ai bisogni di salute dei cittadini, anche per le differenze regionali nell’applicazione delle leggi vigenti. “Razionalizzazioni”, accorpamenti e scelte dei Dipartimenti rendono difficile garantire accessibilità, continuità ed efficacia a tempestivi percorsi di cura attraverso l’integrazione di servizi domiciliari, ambulatoriali, semi-residenziali, residenziali e ospedalieri in collaborazione con i medici di famiglia. L’allocazione delle risorse disponibili, sbilanciata verso la componente ospedaliera e residenziale degli interventi, rispetto alla componente domiciliare e territoriale, determina inappropriatezza organizzativa con ripercussioni su efficacia, accessibilità e sostenibilità dei servizi. Si segnala l’utilizzo predominante di indicatori di processo a scapito di indicatori di esito in grado di fornire chiare indicazioni sul guadagno di salute mentale e sul processo di recovery, inteso sia come remissione clinica, sia come possibilità di partecipare attivamente alla vita sociale. Violazioni dei diritti umani come la contenzione fisica, meccanica e farmacologica, e l’esclusione dalla partecipazione dei legittimi portatori di interessi (familiari, utenti, cittadini) nelle policies e nelle pratiche di cura ostacolano processi che possono rendere i servizi più giusti ed efficaci”.

Un quadro preoccupante che richiede, proprio in occasione dei 40 anni della Riforma Basaglia, un’attenzione rinnovata alla cura della salute mentale da parte dell’opinione pubblica e della politica, dopo anni in cui il tema è stato messo in ombra ed è tornato appannaggio esclusivo degli operatori del settore.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla lettura del testo “La salute mentale secondo la Rete Sostenibilità e Salute. Analisi dei bisogni e strategie di intervento”.

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