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Autismo e sport: binomio vincente come conferma Golf4autism, un’iniziativa per bambini affetti da spettro autistico e sviluppata da Golfprogram con la collaborazione dell’associazione di volontariato Una breccia nel muro. L’obiettivo del progetto è quello di avvicinare gratuitamente al golf i bambini autistici di età compresa tra i 6 e i 12 anni.
La Federazione italiana golf ha patrocinato il progetto in quanto ritiene che lo sport, ed in particolare il golf, sia uno strumento particolarmente idoneo a stimolare l’inclusione sociale in chi ha disturbi legati allo spettro autistico: grazie alla ripetitività del gesto tecnico e agli ampi spazi aperti, il golf consente infatti di mettere a proprio agio i bambini autistici.
Facendo leva sui poteri aggregativi dello sport “Golf4autism” si propone di aiutare i bambini autistici e le loro famiglie a sviluppare fenomeni di integrazione e socializzazione. Nel 2017 il circolo romano Archi di Claudio Golf Club ha sperimentato il progetto pilota per 9 mesi ottenendo incoraggianti risultati: tutti i partecipanti, infatti, hanno tratto benefici dall’esperienza e sui campi da golf ognuno ha saputo infrangere le proprie barriere.
All’insegna del divertimento e della sicurezza dunque parte, ogni domenica e per 10 mesi, “Golf4autism”. L’appuntamento è nei giorni di sole presso il campo dell’Archi di Claudio Golf Club mentre, in caso di pioggia, si va tutti alla play room dell’Associazione di volontariato “Una breccia nel muro” di Roma. Sui campi non mancheranno mai maestri di golf, formati da Golfprogram, e terapisti. Il divertimento è ovviamente assicurato.
Nasco un piovoso giovedì di giugno con l’idea di osservare il mondo dei “grandi”. Benché l’indagine mi diverta molto, rimango stupita da alcuni errori commessi dagli adulti che stridono fortemente con quell’aria da “so tutto io”. In quanto giovane donna, la prima campagna che decido di abbracciare è quella contro la discriminazione sessuale: con una sensibilità fuori dal comune, alle elementari fondo l’illustre Club delle femmine e ottengo, ad esempio, la precedenza nell’uscita da scuola rispetto ai maschietti. Approdo nel periodo adolescenziale con le idee confuse, man onostante tutto sopravvivo ai brufoli e anche al liceo classico. Per l’università non ho dubbi: scelgo Lettere, mio padre ancora piange, ma avevo deciso: avrei fatto la giornalista. Ogni volta che scrivo la parola «giornalista» risuona nella mente la voce di una mia zia che aggiungeva con voce litanica: «che per la fame perde la vista». Poco male mi dicevo: cecata lo sono sempre stata e affamata, seguendo un celebre discorso di Steve Jobs, volevo proprio esserlo. Poi mi imbatto nella filologia ed è amore dal primo istante: pochi sembrano capirla mentre io m’immergo tra gli stemmata codicum, errori e varianti. Ricostruire la lezione originale mi diverte come poche cose al mondo. Ora vivo nel dubbio: giornalista o filologa? Nell’attesa di trovare dentro di me la risposta, da settembre del 2017 lavoro per “Felicità Pubblica”.
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