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Come valutare gli esiti dell’incontro tra i capi di stato e di governo di Germania, Spagna, Francia e Italia e di Niger, Ciad e Libia organizzato la scorsa settimana a Parigi? Alcuni hanno parlato di novità rilevanti, altri hanno espresso perplessità.
Affidiamoci, per una volta, a chi conosce non solo l’emergenza Mediterraneo ma l’intero flusso migratorio che dai Paesi subsahariani si muove in mille direzioni. Proponiamo, quindi, il testo integrale del documento elaborato dall’AOI (Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale) e da CONCORD Italia (Network delle ONG in Europa per lo sviluppo e l’emergenza), Enti che rappresentano davvero l’intero panorama delle ong italiane e non solo. La lunghezza del testo consiglia la pubblicazione in due parti, la prima lo scorso 5 settembre (leggi la prima parte).
Un pressante invito ai lettori a dedicare qualche minuto della loro attenzione a questo documento: si comprenderanno molte cose che interpretazioni strumentali celano e informazioni affrettate dimenticano.
Dopo Parigi: come riformulare il piano per la gestione dei flussi migratori dall’Africa (II parte)
PROPOSTE E RACCOMANDAZIONI
Sulla scorta del dibattito che ha ingiustamente coinvolto le ONG e le organizzazioni della società civile, e per contribuire con proposte ai limiti critici evidenziati sottolineiamo al governo e alle istituzioni europee alcune questioni per noi essenziali.
Accanto a questo è urgente la conclusione, dopo un processo che va avanti da tempo, dell’adozione di un sistema unico di asilo europeo che faciliti regole certe e uguali per tutti i 27 paesi membri, e favorisca una reale condivisione delle responsabilità in un quadro europeo. Un sistema che deve prevedere un piano europeo credibile per il reinsediamento e corridoi umanitari con numeri significativi in linea con i valori e le risorse dell’UE. In tal senso il Piano di Parigi promuove un nuovo programma di reinsediamento dai paesi del Sahel all’Europa (quello precedente, occorre ricordarlo, prevedeva 22.000 persone da reinsediare. ma non ha centrato l’obiettivo e si è fermato a 17.179). Ciò significa che i numeri saliranno? È necessaria maggiore chiarezza sull’impegno concreto degli Stati membri.
In conclusione, se da un lato è da salutare positivamente il riconoscimento e l’appoggio europeo della spinta italiana per una gestione dei flussi migratori più condivisa e responsabile, dall’altro è necessario che la società civile faccia sentire la sua voce in modo propositivo per rivedere un piano che mostra diverse criticità. Ma soprattutto richiami il governo italiano e quelli europei a definire finalmente un concreto e complessivo piano con l’Africa che porti a coerenza diverse questioni sulle quali non c’è ancora condivisione e che sono alla base dei flussi migratori: le guerre (il commercio delle armi), la crescente emergenza ambientale (gli impegni per il cambiamento climatico e il finanziamento del fondo verde per il clima), la fughe dei capitali dall’Africa e l’evasione ed elusione delle tasse da parte delle multinazionali che riducono gli introiti per i poveri stati africani in misura di almeno 50 miliardi di dollari l’anno (chiusura dei centri finanziari off-shore e trasparenza nella rendicontazione), la lotta alla speculazione finanziaria che provoca le guerre del pane (adozione della tassa sulle transazioni finanziare ad alta frequenza), una politica commerciale che favorisca l’industrializzazione dei paesi africani e quindi l’occupazione locale (revisione degli European African Partnership), un piano per gli investimenti in Africa che sostenga le comunità locali e non gli interessi delle grandi imprese europee.
Sono nato a Pescara il 18 settembre 1955 e vivo a Francavilla al Mare con mia moglie Francesca e i miei figli Camilla e Claudio. Ho una formazione umanistica, acquisita frequentando prima il Liceo Classico G.B. Vico di Chieti e poi l’Università di Padova, dove mi sono laureato in Filosofia con Umberto Curi. Il primo lavoro è stato nella cooperazione: un’esperienza che ha segnato il mio futuro. Lì ho imparato a tenere insieme idealità e imprenditorialità, impegno individuale e dimensione collettiva, profitto e responsabilità. Negli anni seguenti ho diretto un’agenzia di sviluppo locale e promozione imprenditoriale, sono stato dirigente in un ente locale, ho lavorato come consulente anche per importanti aziende globali. Oggi sono presidente di una start up cooperativa: evidentemente i grandi amori tornano di prepotenza, quando meno te lo aspetti. Nel lavoro mi piace condividere progetti, costruire percorsi inediti, fare squadra, veder crescere giovani professionalità. Amo leggere e ascoltare musica, camminare in montagna e, appena possibile, intraprendere un nuovo viaggio.
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