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È in corso a Stoccolma, dal 27 agosto, la World water week che durerà fino a venerdì 1° settembre.
Parlare di acqua in un anno che è stato particolarmente gravoso a causa della siccità, risulta senza dubbio importante e questa edizione dell’evento, organizzata dal SIWI – Stockholm International Water Institute – ha come tema conduttore «Acque reflue: riduzione e riuso». Come si intuisce facilmente, l’attenzione è dunque incentrata sul trattamento dell’acqua reflua e sulll’accesso ai servizi igienici, troppo spesso inadeguato e insufficiente in molte parti del mondo.
Impossibile in tal senso non pensare ad esempio allo Yemen, un Paese al collasso anche perché i suoi sistemi idrici sono stati completamente distrutti a causa della guerra. Lo scenario attuale è quello di una popolazione inerme che muore di colera, proprio per la mancanza di acqua potabile e servizi igienici.
Il problema è così ampio da riguardare circa i due terzi della popolazione mondiale e, non a caso, la piattaforma del noto movimento Global Citizien informa che dei 7 miliardi di individui che vivono sul nostro pianeta, solo 2 miliardi e mezzo godono di fatto del “lusso” di servizi igienici.
Si comprenderà dunque facilmente l’importanza di un evento del genere – la World water week si tiene ogni anno allo Stockholm International water Istitute e si svolge dal 1991 – a cui partecipano puntualmente numerosi professionisti, esperti, innovatori di impresa provenienti da settori diversi e da Paesi diversi disposti allo scambio di idee, esperienze e soluzioni.
A inizio lavori, il presidente dell’assemblea generale ONU Peter Thomson ha giustamente sottolineato come tutto il discorso sull’acqua sia sempre collegato alla sopravvivenza e quindi non si possano considerare argomenti a sé stanti e separati tutto ciò che riguarda l’acqua potabile e tutto ciò che riguarda il trattamento delle acque reflue e i servizi igienici.
Va osservato che quello di garantire strutture igienico-sanitarie funzionanti e acqua pulita e potabile per tutti è uno dei 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile inserito nel documento Agenda 2030, obiettivi concordati e adottati dai 193 Paesi membri ONU nel settembre 2015 e che dovrebbero servire da guida per i prossimi 13 anni.
Agenda 2030 insieme a COOP 21 di Parigi dovrebbero quindi, secondo Peter Thomson, rappresentare «la migliore opportunità per la nostra specie di raggiungere un modo di vivere sostenibile sul pianeta Terra, prima che sia troppo tardi».
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