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La peggiore epidemia di colera nel mondo sta avvenendo adesso, sotto i nostri occhi – almeno per chi è intenzionato a vedere – nello Yemen. Un Paese, quello asiatico, devastato dalla guerra in cui sono morte già 1.300 persone di cui un quarto sono bambini. In questo clima apocalittico, sono 200.000 i casi sospetti e aumentano a un ritmo vertiginoso con una media di 5.000 al giorno, numeri che potrebbero aumentare. Sono dati che arrivano dall’Unicef e dall’Oms che lavorano giorno per giorno, ora su ora per provare a fermare questa ecatombe.
«Stiamo lavorando 24 ore su 24 – dicono in una dichiarazione congiunta il direttore generale dell’Unicef Anthony Lake e il direttore generale dell’Oms Margaret Chan – per localizzare e monitorare la diffusione della malattia e per raggiungere persone con acqua pulita e adeguate cure sanitarie e igieniche. Le squadre di intervento rapido vanno di casa in casa per raggiungere le famiglie dando informazioni su come proteggersi».
Un lavoro, quello da parte delle due organizzazioni, instancabile e fatto non solo di cure e assistenza ma anche di interventi di profilassi e prevenzione, con la speranza che l’epidemia non si diffonda ulteriormente. Accorati i continui inviti nei confronti delle autorità yemenite a compiere sforzi maggiori per aiutare una popolazione già in ginocchio, ma la verità, secondo Lake e Chan, è che questa orribile epidemia di colera sia il risultato di due anni di conflitto serratissimo.
Come in molti sapranno, il colera attecchisce molto facilmente quando i sistemi idrici e igienico-sanitari sono insufficienti. La guerra, inevitabilmente, porta la situazione al collasso e non è un caso che ad oggi ben 14,5 milioni di persone non possano accedere regolarmente all’utilizzo dei servizi. A ciò si aggiunga che sono in molti a bere acqua proveniente da pompe idriche contaminate; questo non fa altro che aggravare la situazione e permettere all’epidemia di diffondersi a macchia d’olio.
La fame è un’ulteriore aggravante: sono cresciuti i livelli di malnutrizione che hanno inciso in maniera preponderante soprattutto sulla salute dei bambini.
Oms e Unicef, inoltre, rivolgono l’ennesima richiesta alle autorità dello Yemen: da quasi 10 mesi gli operatori sanitari locali che stanno facendo tutto quanto in loro potere per fermare l’epidemia non vengono pagati. Chiedono pertanto di provvedere a questa situazione e, naturalmente, di fare quanto in loro potere per fermare un conflitto che continua a generare morti ogni giorno.
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