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Codice del Terzo Settore, Impresa Sociale e Cinque per mille

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Venerdì scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato, in esame preliminare, i decreti legislativi della legge delega per la riforma del Terzo Settore, dell’impresa sociale e del 5 per mille. Di seguito il testo della sintesi dei provvedimenti diffuso dal Ministero del Lavoro.

“Codice del Terzo Settore, Impresa Sociale e Cinque per mille: ecco la riforma. Dopo l’approvazione definitiva del Dlgs sul Servizio Civile Universale la legge delega di riforma del Terzo Settore prende una forma precisa attraverso tre distinti schemi di decreti legislativi approvati oggi dal Consiglio dei Ministri: Codice del Terzo Settore, Impresa Sociale e Cinque per mille.

Il provvedimento più importante è quello del Codice del Terzo Settore attraverso il quale si introduce una disciplina uniforme per gli Enti di Terzo Settore (ETS), sia per la parte civilistica che per quella fiscale. Le novità principali riguardano:

1)      l’acquisizione facilitata della personalità giuridica per le Associazioni;

2)      l’ampliamento dei settori di attività di interesse generale in cui possono operare gli Enti Terzo Settore (ETS);

3)      la nascita delle Reti associative;

4)      l’istituzione e la regolamentazione del Nuovo Registro Unico del Terzo Settore;

5)      la riforma dei Centri di Servizio per il Volontariato;

6)      la nascita di un Fondo per sostenere i progetti e le iniziative degli ETS;

7)      una riforma del regime fiscale degli Enti di Terzo Settore;

8)      l’introduzione di un “social bonus” per la valorizzazione degli immobili pubblici destinati agli Enti di Terzo Settore;

9)      la nascita dei “titoli di solidarietà” quali strumenti per orientare il risparmio verso le opere degli Enti di Terzo Settore;

10)  un aumento delle detrazioni e deduzioni per le erogazioni liberali destinate agli ETS;

11)  l’abolizione della tassa di registro per le transazioni di immobili di una parte degli Enti di Terzo Settore .

Circa l’impresa sociale ecco le novità:

  • 1) ampliamento dei campi di attività;
  • 2) introduzione della possibilità di ripartire, seppur in forma limitata, gli utili;
  • 3) misure fiscali agevolative per chi investe nel capitale sociale delle imprese sociali e defiscalizzazione degli utili reinvestiti.

Infine, sul Cinque per mille:

1)      accesso al beneficio del cinque per mille attraverso l’iscrizione nel Registro Unico del Terzo Settore;

2)      accelerazione delle procedure di erogazione dei contributi;

3)      introduzione di una soglia minima dell’importo erogabile sulla base delle scelte del contribuente e modalità di riparto dell’inoptato;

4)      trasparenza delle informazioni sull’utilizzo del contributo ricevuto, sia per i beneficiari che per l’Amministrazione erogatrice.

La dotazione finanziaria di cui dispone la legge, pari a 190 milioni di euro, viene ripartita per circa 105 milioni a copertura delle misure fiscali e tributarie di maggior favore e, per la parte restante, per alimentare il Fondo progetti per gli ETS, i Centri di Servizio per il Volontariato, l’istituzione e il funzionamento del Registro Unico del Terzo Settore e il Fondo per il Servizio Civile Universale”.

La posizione del Governo è riassunta nelle parole dell’onorevole Luigi Bobba, sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che ha seguito giorno dopo giorno l’intero iter della Riforma.

“Con l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri degli schemi dei decreti legislativi sul Codice del Terzo Settore, sull’Impresa sociale e sull’istituto del cinque per mille si è compiuto un passo decisivo nell’attuazione della legge delega della riforma del Terzo Settore (…) Le molte novità contenute nei tre distinti decreti saranno ora sottoposte all’esame delle Commissioni parlamentari competenti. Sono sicuro che anche attraverso il contributo delle Camere potremo portare a compimento un cambiamento importante, lanciato quasi tre anni fa dall’ex Premier Matteo Renzi. Le scelte innovative contenute nel Codice del Terzo Settore, nella disciplina dell’impresa sociale e del cinque per mille sono volte a sostenere e qualificare l’impegno civico e volontario dei cittadini quale risorsa decisiva per la coesione sociale del Paese, per la tutela dei soggetti deboli, per il rafforzamento e lo sviluppo di forti legami comunitari e per la crescita di un’economia solidale”.

Molto articolate le valutazioni delle principali organizzazioni, a partire, comunque, dalla comune soddisfazione per essere ormai giunti in vista del traguardo. Prudenti le parole di Claudia Fiaschi, portavoce del Forum del Terzo Settore: “Ci sono stati sicuramente dei miglioramenti, ma i decreti scontano tempi troppo stretti per un’utile discussione su tutte le previsioni della delega. Per questo abbiamo sostenuto la necessità di una proroga. Ciò che è stato votato oggi in Consiglio dei Ministri ci soddisfa solo in parte e avvertiamo la necessità di una ripresa immediata del confronto istituzionale”.

Più netta la presa di posizione dell’Alleanza delle Cooperative Sociali. “Ad una prima lettura, che ci si riserva di approfondire, questo potenziale di innovazione pare conoscere, nei testi approvati in CdM, una innegabile e preoccupante battuta d’arresto. Le misure presentate riconoscono vantaggi fiscali, senza i necessari vincoli e contrappesi per le nuove imprese sociali. Manca infatti l’attesa armonizzazione dell’impianto normativo approvato con l’evoluzione che in questi anni ha interessato il sistema sociale del Paese. Infatti mentre afferma che le cooperative sociali sono di diritto Imprese Sociali, di fatto rinuncia a riconoscere che l’evoluzione sociale dei bisogni richiede anche alle cooperative sociali, come a tutte le imprese sociali, di operare in settori e ambiti omogenei e coerenti al mutare dei bisogni delle comunità”.

Per queste ragioni l’Alleanza delle Cooperative sociali auspica un intervento correttivo dello stesso Governo e del Parlamento.

Di tutt’altro tenore il giudizio del CSVnet che sottolinea come a 20 anni dal loro avvio il Codice del Terzo settore ridisegna efficacemente finalità e funzioni dei Centri di Servizio per il Volontariato.

“Questi i principali contenuti della svolta:

  1. viene allargato il raggio d’azione dei CSV ai volontari di tutti gli enti di Terzo settore;
  2. viene sancito il principio delle “porte aperte”, grazie al quale nella governance dei Centri potranno partecipare gli enti di Terzo settore (pur garantendo la maggioranza dei voti nelle assemblee alle organizzazioni di volontariato di cui alla legge 266/91);
  3. vengono definiti i principali criteri per il nuovo accreditamento dei CSV e per il controllo del loro operato;
  4. si stabiliscono i criteri di incompatibilità tra la carica di presidente dei CSV e quelle in altre istituzioni pubbliche e private;
  5. viene per la prima volta prevista la produzione di servizi e strumenti a carattere nazionale;
  6. viene affermata l’importanza della continuità dell’azione dei CSV anche sotto il profilo del relativo finanziamento”.

Esprime invece perplessità “di metodo e di merito” l’ARCI, una tra le maggiori associazioni italiane.

“Di metodo perché in questi mesi, l’interlocuzione del Governo è stata intermittente, piena di contraddizioni e di cambiamenti in corso d’opera. Solo venerdì 21 aprile è stato possibile visionare la bozza del testo più delicato in quanto a ricadute concrete per tutto il terzo settore, ma in particolare per le Associazioni di Promozione Sociale: quello che riguarda la parte fiscale. (…)

Certo il Governo ha accolto numerose osservazioni e correzioni, ma crediamo ci sia ancora molto da fare per ottenere un risultato rispettoso di quanto migliaia di persone fanno quotidianamente nel Paese in chiave prevalentemente volontaria. Il percorso del Governo, ad oggi, non ha coinvolto nemmeno informalmente i parlamentari, né tantomeno gli enti locali con l’ANCI o la Conferenza Stato-Regioni, nonostante il non profit e il terzo settore siano formidabili alleati nel mantenimento della coesione sociale sul territorio e siano soggetti su cui proprio questi enti fanno affidamento per l’implementazione, il miglioramento e l’adeguamento dell’offerta di servizi e opportunità per i cittadini.

Di merito perché mancano nei principi che accompagnano il riordino civilistico della riforma concetti come quelli di “mutualismo” e “partecipazione democratica”. Senza un ancoraggio a questi concetti viene meno il valore della solidarietà attiva, della cura della dimensione relazionale e sociale delle persone e della cittadinanza attiva. Viene meno un architrave su cui è stata costruita quell’ “Italia generosa e laboriosa”, che si attiva prevalentemente in associazioni di promozione sociale e di volontariato e che svolge un ruolo fondamentale per il benessere dei cittadini spaziando dall’ambito di cura fino a quello della promozione culturale, dall’ambito di assistenza a quello di crescita ed emancipazione personale”.

Secondo l’ARCI sembra prevalere un orientamento più attento a valorizzare le imprese piuttosto che l’associazionismo e il volontariato.

“Quello che sembrerebbe interessare allo Stato è la facilitazione di soggetti che ‘erogano servizi e prestazioni’ e non capiamo perché alle forme di non profit attualmente esistenti si vogliano applicare dei distinguo e norme più stringenti di quelle che riguardano le imprese introducendo pesanti elementi di complicazione burocratica che, così come si stanno configurando, potrebbero mancare l’obiettivo di promuovere una cooperazione tra gli enti di terzo settore, rinchiudendoli nel loro stretto specifico fallendo nella costruzione di percorsi che possono contribuire a una società più solidale, di più estesa relazione, di crescita appunto del ‘benessere complessivo delle persone’. Potrebbero inoltre sovraccaricare il pubblico e gli enti di terzo settore di adempimenti, distogliendoli dal fine primario che vogliono perseguire”.

In definitiva, pur in un quadro di soddisfazione generale, da più parti si chiede “un surplus di dialogo, confronto, attenzione e, forse, di fiducia”.

 

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