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Il Commercio equo e solidale piace agli italiani

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Scegliere il Commercio equo e solidale per i propri acquisti piace sempre di più agli italiani. E’ quanto rivelano i numeri del Rapporto Annuale di Equo Garantito 2017, che parlano di un fatturato annuo (nel 2015) che si attesta intorno ai 74 milioni di euro. Il dato si riferisce in particolare al circuito Equo Garantito, che sempre nello stesso anno ha registrato 13 milioni di euro di importazioni dirette, un milione in più rispetto al 2013, da 206 produttori in tutto il mondo (24 in più rispetto al 2014).

Il documento è stato presentato in anteprima a Treviso nei giorni scorsi durante il convegno “Stiamo facendo un buon lavoro” promosso nell’ambito di Fiera4Passi, al quale hanno preso parte i rappresentanti delle principali realtà del Commercio Equo e Solidale Equo Garantito, Altromercato, Fairtrade Italia e AltraQualità, confrontandosi su quattro chiavi di lettura: un prodotto, una filiera, un Paese e una garanzia.

La fotografia scattata è molto incoraggiante, soprattutto perché mette in luce la grande valenza sociale e culturale innescata da tali circuiti, volti al rispetto dei diritti umani e dei lavoratori, ma anche dell’ambiente e dell’agricoltura sostenibile. Ancora più incoraggiante è scoprire, ad esempio, che è superiore a 300 il numero dei capitolati pubblici che hanno al proprio interno il rispetto dei criteri del Commercio Equo e Solidale. Parliamo ad esempio di amministrazioni comunali alle prese con le mense scolastiche che oggi consentono di raggiungere 600.000 studenti (sui 2 milioni che mangiano a scuola), con il coinvolgimento di 30 aziende di ristorazione collettiva e 25 di distribuzione.

«Questa positiva tendenza significa una continua apertura e ampliamento delle relazioni e innovazione dei prodotti per le nostre attività», evidenzia Giovanni Paganuzzi, presidente di Equo Garantito.

«Il tema della “certificazione delle organizzazioni Eque e Solidali” consegue da una constatazione molto semplice», si legge nel documento, «in un mondo nel quale è inevitabile (e giusto) che chiunque possa vendere prodotti equo-solidali, è bene che il consumatore e le istituzioni possano distinguere chiaramente le organizzazioni 100% Fair Trade, giornalmente impegnate a “cambiare il mondo” tramite il commercio; è un aspetto essenziale, ove la certificazione gioca il ruolo di poter rendere riconoscibili queste organizzazioni (Botteghe del Mondo ed importatori), e valorizzarne l’identità. È evidente che non basta un logo su un prodotto o una vetrina per differenziare in positivo queste organizzazioni. Ma è altrettanto evidente che senza la possibilità di poter rivendicare una “differenza” basata su aspetti oggettivi, verificata e resa visibile tramite loghi e comunicazione, ben difficilmente chi fa solo Commercio Equo potrà promuovere sul mercato in modo adeguato il proprio valore aggiunto, e rivendicare che al voto assegnato a loro dai consumatori tramite gli acquisti corrisponde oggettivamente un effetto differente (nel senso di migliore e più completo) rispetto all’acquisto di un prodotto simile fatto nella grande distribuzione».

Per un maggiore approfondimento rinviamo al rapporto integrale.

 

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