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L’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) è un organismo fondato nel 1948 nell’ambito del Piano Mashall ed era all’epoca completamente europeo, con sede a Parigi. Successivamente, nel 1960, si giunse a una nuova convenzione con l’adesione di diversi Paesi, tra cui Canada, Usa e Giappone.
Attualmente annovera tra le sue file 34 nazioni e si occupa di studi economici per i Paesi membri che hanno in comune un sistema di governo di tipo democratico e un’economia di mercato (la Cina, ad esempio, non ne fa parte).
Il lavoro svolto principalmente è quello di assemblea consultiva per la risoluzione dei problemi comuni, l’identificazione di pratiche e prassi commerciali e il coordinamento di politiche locali e internazionali. Si affida quindi a diversi studi di rilevamento per gli investimenti e in particolare ogni 6 mesi pubblica una classifica – stilata da Degroof Petercam Asset Management – che stabilisce la sostenibilità degli investimenti nei Paesi membri utilizzando diversi parametri.
Non sorprende, purtroppo, che l’Italia dal 2007 sia man mano scesa in classifica e si trovi attualmente ventottesima, dopo Paesi come la Spagna, il Portogallo e la Polonia, solo per citarne alcuni. L’Italia viene quindi considerata come “investimento non sostenibile” il che costituisce quindi un deterrente per gli investitori istituzionali e non.
I parametri considerati per la valutazione sono principalmente i seguenti:
Ecco quindi che si può ben comprendere il posto dell’Italia in questa classifica: considerando l’incidenza della corruzione e la scarsa solidità delle nostre istituzioni, l’altissimo tasso di disoccupazione giovanile, i pochi investimenti in tema ambientale e per le energie rinnovabili, la bassa qualità del nostro sistema scuola, la più che scarsa distribuzione della ricchezza e la forte dipendenza dal mondo degli anziani e dalle loro pensioni, non ci sono grandi possibilità.
Esistono certamente margini di miglioramento, prendendo esempio dai Paesi scandinavi che si sono impossessati del podio di questa classifica: il primo posto è della Norvegia, il secondo della Svezia e il terzo della Danimarca, che pongono grande attenzione agli investimenti in tema ecologico e alla qualità della vita dei loro abitanti.
Tante le strade da percorrere, basta armarsi di piedi buoni, volontà e costanza.
Sono nata a Milano il 3 giugno 1957 da genitori piemontesi. Mi sento però a tutti gli effetti milanese perché amo profondamente la mia città. Ho frequentato il Liceo Classico Omero, percorso di studi che rifarei senza alcuna remora. Amo tutta la letteratura e tutti i libri che siano degni di chiamarsi tali e possiedo una notevole libreria in casa, tant’è che ho fatto rinforzare i pavimenti.
Ho svolto nel corso degli anni praticamente tutti i lavori inerenti ad aziende di commercio alimentare, dall’import alla contabilità, alla conoscenza dei prodotti.
Sono poi passata a interessarmi di economia e finanza ma le mie passioni rimangono quelle umanistiche, in particolare la Storia. Mi piace molto scrivere, attività che ho sempre svolto con molta passione.
Adoro tutta la musica, da quella classica a quella contemporanea, da quella popolare a quella cantautoriale.
Mi diverto a cucinare i piatti della tradizione e, ahimè, oltre a cucinarli, li mangio.
Mi piacciono le sfide e amo confrontarmi con gli altri, per questo sono contenta di collaborare con Felicità Pubblica che me ne dà l’opportunità…
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