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Non è un Paese per lupi, associazioni contro il loro abbattimento

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Domani 2 febbraio il Governo sarà chiamato a decidere se autorizzare o meno l’abbattimento controllato dei lupi. La ragione sarebbe legata alle sempre più frequenti aggressioni ai danni di greggi, mandrie ed altri animali da fattorie. Dunque, dopo 46 anni in cui i lupi hanno goduto di una relativa protezione – la piaga del bracconaggio non va mai dimenticata infatti – domani il ministro Galletti e i rappresentanti delle giunte regionali, esamineranno il documento che prevede 22 interventi e misure tra cui recinti elettrificati, rimborsi agli allevatori, e, fatto più eclatante, l’abbattimento controllato degli esemplari fino al 5% della popolazione presente su tutto il territorio nazionale.

Se le associazioni protestano, spiegano, insorgono, il Ministero dell’ambiente si schiera a favore dell’abbattimento, sostenendo che la misura non minaccerebbe la sopravvivenza della specie e preverrebbe – addirittura – il bracconaggio.

Peccato che coloro che sono a favore dell’abbattimento ignorino che i lupi italiani facciano parte di una sottospecie diversa dai classici lupi europei, pertanto unici nel loro genere. Lo ha documentato con tanto di studio l’ISPRA, l’Istituto superiore per la Protezione ambientale. Quanto al fatto, poi, che l’abbattimento ridurrebbe il bracconaggio, è curioso come gli stessi cacciatori sostengano che «non sono possibili abbattimenti selettivi e con questa scelta i comportamenti dei predatori potrebbero addirittura aggravarsi. Inoltre potrebbero crearsi delle tensioni sociali, con la richiesta di nuovi e continui abbattimenti e una maggiore tolleranza verso atti di bracconaggio».

La Coldiretti, in sintonia con il Ministero dell’ambiente, approva il piano di abbattimento nonostante tutto, mentre associazioni importanti come Enpa, Lac, Lipu, Lndc, Lav e Wwf Italia si oppongono.

Il Wwf, afferma: «Viene da dire che abbiamo tanta paura per i lupi e faremo di tutto affinché siano difesi. Ci appelliamo al senso di responsabilità delle istituzioni che saranno presto chiamate a decidere in sede politica. Nell’assumere decisioni così gravi, però, non si può non tener conto dell’opinione dei cittadini che riconoscono nel lupo dei valori culturali e simbolici. Ci sono voluti decenni per sfatare la favola di Cappuccetto Rosso in cui il lupo era “il cattivo” e, ora, la superficialità con cui è stata gestita la conservazione di questa specie rischia di farci fare un balzo indietro di decenni nelle politiche di conservazione di un animale simbolo».

Il lupo rischia sostanzialmente di passare da tutto quanto è stato fatto in passato per il ripopolamento e la sua sopravvivenza nella nostra Penisola, a un insensato piano di minaccia basato su criteri per nulla scientifici ma politici, come fanno notare le associazioni ambientaliste. Precisano, inoltre, che non esiste un dato che sia attendibile sul numero della popolazione dei mammiferi in Italia, ragion per cui va da sé che l’abbattimento legalizzato potrebbe costituire un serio pericolo di minaccia per la specie. Di più: l’approvazione di un piano del genere non diminuirebbe la capacità predatoria degli animali, anzi, vanno presi in considerazione effetti collaterali oppure opposti. Il lupo, minacciato, potrebbe aggravare il proprio comportamento creando un disagio di tipo sociale.

Di conseguenza, l’aperto dissenso delle associazioni ambientaliste sfocia in azioni di vario genere. Dalla campagna del Wwf  #SOSLupo a #SalviamoFratelloLupo, iniziativa promossa dal Parco Nazionale della Majella per diffondere informazioni corrette e al contempo sfatare falsi miti intorno alla figura del lupo.

 

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