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“Ti sembra il Caso?” di Erri De Luca e Paolo Sassone-Corsi

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Prendete un bravo scrittore – non è vero che in Italia non ce ne sono più – e poi prendete un biologo – non è vero che sono tutti professoroni con il pappone scientifico pronto – e invitateli a dialogare per iscritto sulle cose del mondo, su concetti che credevate complessi solo perché mai nessuno ha saputo spiegarveli come ci si auspica. Con semplicità.

È per questo motivo che ci sentiamo di consigliare un libricino scritto qualche anno fa, un carteggio tra Erri De Luca e Paolo Sassone-Corsi dal titolo “Ti sembra il Caso?” (Feltrinelli). Il primo narratore e scultore di parole, il secondo biologo e studioso con il raro dono della chiarezza, sono effettivamente riusciti nell’intento d’incrociare poesia e scienza consegnando al lettore un libro che è un’esperienza.

Erri De Luca interroga lo scienziato a partire dal DNA, considerando come spesso questo termine sia usato a sproposito per indicare tratti caratteriali, comportamenti, talenti, con la tipica frase “ce l’ha nel DNA”. Paolo Sassone-Corsi chiarisce come il DNA sia una sorta di carta d’identità, ma infinitamente più ricca d’informazioni, dove troveremo certamente risposta al colore dei nostri occhi e capelli, alla misura del piede, forse addirittura qualche tendenza – però sovvertibile – a ingrassare o ad essere particolarmente irascibili. Ma certamente nei tre miliardi di lettere che costituiscono il nostro codice genetico non si dice se saremo poeti o matematici, introversi o chiacchieroni.

Noi siamo molto di più di una sequenza genetica che non spiega la nostra essenza, mistero indecifrabile. Siamo piuttosto la somma delle nostre esperienze e del Caso. Rigorosamente scritto dai due in lettera maiuscola, sottintendendo una sorta di entità laica e ribelle, imprevedibile. Azioni e reazioni di cui noi siamo protagonisti ed entro le quali contiamo davvero più di qualcosa. Tanto più che al momento siamo il risultato intermedio di un’evoluzione che non si ferma. Fin dove arriveremo non è dato sapere.

Dal Caso – concetto di cui eminenti studiosi hanno parlato spesso dall’alto delle loro “torri d’avorio” allo scopo probabilmente di risultare criptici alle orecchie di cui pure parlavano – De Luca e Sassone-Corsi continuano parlando dell’orologio circadiano, vale a dire di come il corpo umano risponda ai ritmi della natura. Qui i due incrociano scienza e poesia, di nuovo, per consegnarci riflessioni interessanti: nel corso del tempo abbiamo sovvertito i ritmi biologici e naturali, confuso il giorno con la notte, adattato alle nostre esigenze le 24 ore. Sebbene la scienza abbia più volte segnalato come il corpo si ammali se sottoposto ai disordini che gli imponiamo, noi abbiamo continuato imperterriti. Di conseguenza, spostando a piacimento le lancette del nostro orologio biologico sono aumentati i disturbi del sonno, gli stati d’ansia e quelli depressivi, l’obesità. Non è un Caso allora che quando per qualche giorno ci rechiamo in montagna, dove la dimensione del silenzio ci avvolge e apre spazio alle riflessioni, consideriamo di stare bene, inveiamo contro la città e i suoi ritmi insostenibili. Pensate alle hostess e al jet leg, a chi lavora sempre di notte. O nel vostro piccolo, pensate alla vita che conducete. Qualcosa non va. È che al nostro interno abbiamo un orologio disperato che segna il tempo meglio di una sveglia elettronica. «L’uomo è in qualche maniera, la misura del Cosmo, o comunque ci prova».

Quindi scrittore e biologo arrivano a parlare di Universo e lo fanno in una maniera talmente semplice, con qualche guizzo poetico da parte di De Luca che anziché mettere in difficoltà il biologo gli spiana la strada per spiegare quel che sa come lo stesse raccontando a un bambino. E lo scrittore si bea, lo ringrazia. Ma quale schermaglia? Dove trovi due tipi così, un colto ossessionato dalle parole capace di parlare anche ai bambini e uno scienziato che si mette in discussione e intercetta nell’altro la necessità di parlare chiaro? Le persone non vanno escluse, vanno coinvolte.

Seguendo questa convinzione, Paolo Sassone-Corsi parla delle «torri d’avorio che fanno di tutto per non farsi capire», a svantaggio di quelli che in laboratorio lavorano duro e con passione per migliorare la vita di tutti. Questi probabilmente il tempo per declamare con spocchia i risultati raggiunti neanche ce l’hanno. Allora, Sassoni-Corsi conclude: «Non possiamo più permettere che presentatori televisivi, giornalisti mediocri, o politici con lauree comprate al mercato, dicano scemenze su cure fasulle per il cancro, sulla fecondazione assistita».

Questo libro non ha pretese, cerca di porre un freno al dilagare della superficialità e risponde alle domande in modo chiaro, invita alla riflessione e parla a tutti, è un invito a pensare fuori dai dogmi perché, come dice il biologo, fare lo scienziato è questo. E ad Erri De Luca, che glielo permette, non possiamo che dire grazie, perché sostanzialmente si è comportato da nobile spalla, come il centravanti di una squadra alto due metri che fa da sponda in area di rigore per permettere al mingherlino libero di fare goal. E conclude: «Ora che so per certo il destino pubblico di queste nostre lettere, so pure che chiunque potrà intendere il tuo racconto meglio di me».

E infatti molti lettori hanno letto e compreso molto bene. Vi sembra un Caso?

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