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“Equità per i bambini. Una classifica della disuguaglianza nel benessere dei bambini nei paesi ricchi, Innocenti Report Card 13”, questo il titolo del documento elaborato da John Hudson e Stefan Kühner per conto del Centro di Ricerca Innocenti dell’UNICEF. Ma, altrettanto correttamente, gli estensori avrebbero potuto usare questa esortazione: “non lasciamo indietro nessun bambino”. Perché di questo parla il rapporto, di come – sistematicamente – lasciamo indietro i bambini che hanno difficoltà.
Sappiamo tutti fin troppo bene che, in questi ultimi anni, le diseguaglianze sociali si sono acuite anche nei paesi tradizionalmente più “egualitari”, la ricchezza si è concentrata in poche mani e si è ampliata a dismisura l’area della povertà. La condizione dei bambini non fa eccezione. Si tratti di salute o di istruzione, di reddito disponibile o di benessere la forbice si allarga e non ci sono pari opportunità neppure per i più piccoli. Eppure non sarebbe impossibile assicurare condizioni di maggiore giustizia, non sarebbe impossibile garantire una maggiore equità nelle condizioni di vita dei bambini. Qualche Paese prova a farlo e i risultati arrivano.
Spesso cediamo alla retorica e al sentimentalismo parlando di bambini, ma alle buone intenzioni non corrispondono comportamenti coerenti. Soprattutto nella comunicazione i bambini sono al centro di tutto, sembrano il fulcro dell’organizzazione della vita delle nostre comunità. Eppure, quando dalle parole si passa ai fatti, non è così! Le attenzioni dichiarate, talora declamate, diventano ignavia e indifferenza.
Il Rapporto Unicef (leggi l’articolo) restituisce una fotografia fedele e, a tratti, impietosa del nostro modo di trattare il mondo dell’infanzia: non parliamo dei casi estremi, ma piuttosto di come, giorno per giorno, a volte inconsapevolmente, lasciamo che molti “restino indietro”.
Vale la pena dedicare qualche minuto alla lettura del Rapporto, per mettere a fuoco informazioni forse note ma spesso dimenticate, per focalizzare l’attenzione sulle molte cose da fare, soprattutto noi italiani, visto che il nostro Paese è collocato al 32esimo posto su 35 Paesi Ue/Ocse nella classifica della diseguaglianza nel benessere dei bambini.
Di seguito proponiamo l’introduzione del documento e un estratto delle conclusioni, rinviando al link per la consultazione del testo integrale.
INTRODUZIONE
Questa Report Card presenta una panoramica delle disuguaglianze nel benessere dei bambini in 41 paesi dell’Unione Europea (UE) e dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Essa verte principalmente sulla “disuguaglianza nella fascia più bassa”, ossia il divario fra i bambini nella fascia più bassa della distribuzione e quelli nella fascia media, e affronta la questione “fino a che punto si permette che i bambini restino indietro?” in termini di reddito, istruzione, salute e soddisfazione nei confronti della vita.
Da dove nasce la disuguaglianza?
Con un divario fra ricchi e poveri che ha raggiunto il suo apice in tre decenni nella maggior parte dei paesi OCSE, esiste ora un rinnovato interesse nei confronti di tematiche inerenti alla disuguaglianza.
Mentre gran parte del dibattito politico si è concentrato sulla crescita del reddito dell’1 per cento della popolazione in cima alla scala sociale, in molti paesi ricchi i redditi al di sotto della mediana sono cresciuti a una velocità inferiore rispetto a quelli al di sopra della stessa. In tutta l’area OCSE, a partire dagli anni ottanta del secolo scorso il rischio povertà si è progressivamente trasferito dagli anziani ai giovani. Tali sviluppi rendono ancora più urgente la necessità di monitorare il benessere dei bambini più svantaggiati, ma la disuguaglianza reddituale comporta anche conseguenze a lungo termine per la società, andando a colpire il livello di istruzione, condizioni di salute chiave e persino la crescita economica.
L’interesse per l’equità e la giustizia sociale ci impone di valutare se alcuni membri della società vengano lasciati così indietro da comprometterne la qualità della vita, sia attuale che futura. Questa Report Card si pone lo stesso interrogativo alla base della Report Card 9, dedicata alla disuguaglianza nel benessere dei bambini, ma utilizza i dati più recenti disponibili e comprende un maggior numero di paesi.
Disuguaglianza, equità e infanzia
Le questioni riguardanti l’equità e la giustizia sociale acquistano una particolare risonanza quando l’attenzione si rivolge alle disuguaglianze fra i bambini anziché fra gli adulti.
Le disuguaglianze sociali fra adulti possono essere giustificabili se derivano da una competizione equa e da condizioni di pari opportunità. I bambini, tuttavia, si trovano a dover affrontare circostanze socio-economiche che sfuggono al loro controllo; nel loro caso, quindi, le differenze di merito non possono essere ragionevolmente addotte a giustificazione delle disuguaglianze.
Inoltre, è ormai convinzione diffusa che le esperienze infantili abbiano un profondo impatto non solo sulla vita presente dei bambini, ma anche sulle loro opportunità e prospettive future. Analogamente, le condizioni di svantaggio socio-economico nei primi anni di vita aumentano il rischio di retribuzioni, standard sanitari e competenze inferiori in età adulta, il che, a sua volta, può causare il perpetuarsi dello svantaggio di generazione in generazione. Di tutto ciò il bambino non ha colpa.
La disuguaglianza nella fascia più bassa: paesi ricchi a confronto
Le classifiche riportate in questa Report Card valutano i paesi in base a quanto venga permesso ai bambini della fascia più bassa di rimanere indietro rispetto ai loro pari in termini di reddito, istruzione, salute e soddisfazione nei confronti della vita. Si fornisce inoltre una classifica generale della disuguaglianza nel benessere dei bambini che sintetizza i risultati in tutte e quattro le dimensioni.
Le misurazioni della disuguaglianza nelle classifiche vengono contestualizzate attraverso l’utilizzo di indicatori che mostrano quanti bambini in ciascun paese abbiano un basso reddito, un basso livello di istruzione, una salute scadente o scarsi livelli di soddisfazione nei confronti della vita. In questo modo si offre un quadro più ampio di quanto i diritti dell’infanzia vengano rispettati nei paesi ricchi.
Le classifiche presentate nella sezione 2 mettono a confronto i diversi paesi sulla base di quanto permettano che i propri bambini restino indietro. Le sezioni 3, 4, 5 e 6 esplorano in modo più dettagliato le tendenze della disuguaglianza rispettivamente in termini di reddito, istruzione, salute e soddisfazione nei confronti della vita. Ciascuna sezione prende inoltre in esame l’impatto della disuguaglianza sul benessere dei bambini. La sezione 7 riprende la questione generale dell’equità e della disuguaglianza, valutando in che misura le disuguaglianze nel benessere infantile nei paesi ricchi siano dovute a disuguaglianze socio-economiche profondamente radicate, su cui i bambini non hanno alcun controllo. Nella Sezione 8 vengono presentate conclusioni e raccomandazioni.
CONCLUSIONI
(…) Affrontare i divari
Affrontare i divari Il quadro vario e complesso delle politiche dei paesi ricchi suggerisce che esistono molti percorsi diversi per ridurre la disuguaglianza nella fascia più bassa. Ma dall’analisi contenuta in questo report emergono i seguenti principi e raccomandazioni di cui i governi devono tenere conto per rafforzare il benessere dell’infanzia.
Migliore monitoraggio e misurazione del benessere dei bambini
Produrre dati migliori per un dibattito pubblico informato e un quadro più completo del benessere dell’infanzia è fondamentale. A tale scopo raccomandiamo quanto segue.
Sono nato a Pescara il 18 settembre 1955 e vivo a Francavilla al Mare con mia moglie Francesca e i miei figli Camilla e Claudio. Ho una formazione umanistica, acquisita frequentando prima il Liceo Classico G.B. Vico di Chieti e poi l’Università di Padova, dove mi sono laureato in Filosofia con Umberto Curi. Il primo lavoro è stato nella cooperazione: un’esperienza che ha segnato il mio futuro. Lì ho imparato a tenere insieme idealità e imprenditorialità, impegno individuale e dimensione collettiva, profitto e responsabilità. Negli anni seguenti ho diretto un’agenzia di sviluppo locale e promozione imprenditoriale, sono stato dirigente in un ente locale, ho lavorato come consulente anche per importanti aziende globali. Oggi sono presidente di una start up cooperativa: evidentemente i grandi amori tornano di prepotenza, quando meno te lo aspetti. Nel lavoro mi piace condividere progetti, costruire percorsi inediti, fare squadra, veder crescere giovani professionalità. Amo leggere e ascoltare musica, camminare in montagna e, appena possibile, intraprendere un nuovo viaggio.
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