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Qual è il fattore più importante per il raggiungimento della felicità pubblica?

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E’ una nostra abitudine concludere le interviste ponendo agli “ospiti” di questa sezione un’ultima, importante, domanda: Qual è, secondo lei, il fattore più importante per il raggiungimento della felicità pubblica?

In occasione dell’edizione straordinaria del nostro portale, dedicata alla Giornata internazionale della felicità, vi presentiamo un riepilogo delle risposte forniteci dai nostri ospiti, rinviandovi alla sezione dedicata “interviste/opinioni” per la lettura integrale delle interviste.

Don Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione Libera: “Io credo che occuparci del benessere degli altri vuol dire occuparsi del proprio benessere. Tutti dobbiamo darci da fare per non dimenticarci che speranza vuol dire inclusione. Felicità vuol dire darsi da fare perché nessuno resti un passo più indietro. E’ l’articolo 3 della nostra Costituzione”.

Paolo Anselmi, vice presidente di GfK Eurisko: “Credo che dal punto di vista del singolo ci sia un elemento importante che è quello di riconoscersi soggetti attivi. Non essere solamente cittadini che pretendono dalla politica, dalle aziende, dalla pubblica amministrazione, ma riconoscere quello che ciascuno di noi può fare per contribuire alla felicità pubblica. E questo non significa rinunciare a far valere i propri diritti; anzi, quanto più si è cittadini attivi e impegnati, tanto più si ha il diritto di pretendere che anche l’attore pubblico si comporti bene per la parte che gli compete. Questo significa anche avere comportanti di rispetto e di cura della cosa pubblica. E oggi anche su questo versante si colgono segnali positivi, per cui io sono fondamentalmente ottimista sull’evoluzione della nostra cultura sociale”.

Stefano Di Polito, regista e autore: “L’incontro con gli altri. La solitudine non porta alla felicità. Solo unendoci possiamo scoprirci più forti. Se ogni giorno potessimo incontrare un compagno di avventura in più, scopriremmo quanto è gioioso lottare per una società migliore”.

Angelo Rindone, fondatore della piattaforma di crowdfunding Produzioni dal Basso: “Sarebbe carino leggere le risposte degli altri a questa domanda. E’ proprio questa la risposta: il segreto della felicità pubblica è capirsi, ascoltarsi, leggersi”.

Francesca Zagni,  docente di Fundraising e Marketing Sociale: “E’ una bellissima domanda. Il senso della partecipazione ma anche il senso di riuscire ad arrivare a determinati obiettivi, di riuscire a trovare delle soluzioni e di vederle realizzate”.

Roberto Museo, direttore di Csvnet: “Senza felicità pubblica non ci può essere umanità. Parto da Aristotele e in particolare da quando lui associa la felicità dell’uomo al suo essere sociale e al suo far parte di una comunità civile, e penso che probabilmente la nostra realtà dovrebbe tornare a questi principi. Questo lo ritengo un ingrediente fondamentale per raggiungere la felicità pubblica: testimoniare ai giovani le esperienze di  volontariato e di economia civile laddove però non ci siano distinzioni di lingua, di sesso, di pelle. Quindi non homo homini lupus (l’uomo è un lupo per l’uomo), ma l’uomo è per natura amico degli altri, è un essere votato alla felicità. E’ importante quindi non dimenticare che le persone con cui abbiamo a che fare sono persone, che vanno trattate come risorsa e come valore aggiunto.  Occorre rispetto, valorizzazione, così come occorrere riscoprire che il proprio luogo di lavoro è un luogo dove si punta al bene comune. Questo da un punto di vista personale. Poi c’è il concetto più ampio di felicità pubblica che abbraccia il tema della rigenerazione di una coscienza civile. E non posso non riconoscere che c’è un uomo che sta cercando di fare questo ed è l’uomo dell’anno: papa Francesco”.

Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni e fondatrice della Fondazione Giovanni e Francesca Falcone: “L’amore per il proprio Stato. L’amore per la patria che portò Giovanni a quel sacrificio che tutti noi conosciamo”.

Elena Tioli, giornalista che da un anno non entra in un supermercato: “Secondo me questa ossessione che la società ci impone per le cose, per il consumare, limita molto la nostra possibilità di ricercare la felicità. Usiamo tutto il nostro tempo per lavorare, per guadagnare soldi, per acquistare cose per lo più inutili o dannose per noi stessi o per l’ambiente, da consumare, accumulare e cestinare. Con il risultato, quando va bene, di un appagamento effimero e vano e di un’infinita insoddisfazione. Prediligere i legami con le persone a scapito di quelli con le cose, riappropriarci di un tempo del fare a discapito del tempo del comprare, ristabilire nuove priorità in cui il possedere non sia tra i primi posti e magari riacquistare un po’ di consapevolezza sull’importanza e sul potere delle nostre azioni, forse potrebbero essere importanti passi verso la felicità. O, per lo meno, dopo quest’anno posso dire che per me è così”.

Paola Guerra Anfossi, fondatrice e direttrice della Scuola Internazionale Etica e Sicurezza L’Aquila: “Secondo me l’elemento chiave per la felicità pubblica, rimanendo sul mio tema, è essere consapevoli di vivere in un mondo più sicuro. Se sicurezza vuole dire senza preoccupazioni, il vivere senza preoccupazioni – che non significa azzerarli ma averne consapevolezza – è uno dei segreti per la felicità pubblica”.

Rossella Muroni, presidente di Legambiente: “Sono convinta che la partecipazione sia un elemento fondamentale. Un mondo diverso è possibile, se lo costruiamo insieme”.

Edoardo Patriarca, deputato e presidente del Centro Nazionale per il Volontariato: “Credo sia la riscoperta della bellezza dei beni comuni, beni di tutti e per tutti, senza i quali il futuro appare difficile e troppo incerto. Si è conclusa la stagione dell’individualismo narcisista, della ricerca del proprio benessere centrato sui propri ed esclusivi desideri. Davvero si tratta di ricostruire un paradigma personalistico nel quale la dignità della persona, le speranze e la sua storia si specchiano e interagiscono con la storia della comunità in cui si è scelto di vivere. Una comunità strutturalmente aperta, vocata all’incontro e alle differenze, e a tutti gli ambiti vitali nei quali vive, compreso l’ambiente urbano, la bellezza delle sue strutture, e le preziose e inevitabili connessioni con l’ambiente naturale. Penso che questa stagione si aprirà solo se troverà nuove energie e risorse nella cosiddetta società civile e nella buona politica”.

Renato Calì, segretario nazionale Adiconsum: “Riscoprire il senso di comunità. Riscoprire il bene comune. Perché ognuno di noi, per quel poco o tanto che fa, è importante nel costruire un percorso insieme ad altri di bene comune. Ciò significa soprattutto eliminare i compartimenti stagni, perché tutti ci troviamo d’accordo sulle cose ma ognuno è geloso del proprio orticello. Quindi creare patti, alleanze, creare un sistema che, nel perseguire il bene comune, riesca a costruire un percorso di partecipazione e sussidiarietà dal basso. Anche per evitare che la politica, a volte molto invasiva, legiferi su alcune questioni sulle quali a volte ne capisce poco e sulle quali non sente il bisogno di interpellare la società civile che è il vero motore di questo Paese e che dà anche eticità alla stessa politica”.

Spyros Galinos, sindaco di Lesbo (Grecia): “Sono le piccole cose, le piccole bellezze, i rapporti umani. Lasciamo perdere la ricerca della felicità materiale e cerchiamo di focalizzarci su quell’altro tipo di bellezza, quella del contatto umano. In fin dei conti la felicità è questa umanità, questi sentimenti, il cercare di diventare sempre migliori. Quello che ti riempie di felicità è offrire qualcosa; anche se tu hai poco, ci sono altri che hanno meno di te. La felicità è uno stato d’animo e non una condizione del portafoglio. Felicità è dare una speranza a una madre disperata con il proprio bambino in braccio, è accogliere una persona stremata dal viaggio, è offrire loro il sogno di un’Europa che li accoglie”.

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