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L’8 marzo forse eravamo distratti da altri messaggi e non ci siamo accorti della campagna degli origami promossa dalla sezione italiana di Amnesty International. Un fiore di carta, simbolo di un’infanzia negata. Mai più spose bambine, per chiedere che non accada mai più, per porre fine alla grave violazione dei diritti umani rappresentata dai matrimoni precoci e forzati, che si radica nella povertà e nella discriminazione.
Ma abbiamo ancora qualche giorno per recuperare. Fino al 15 aprile, infatti, si potrà donare un fiore e inviare un messaggio che saranno consegnati all’ambasciata del Burkina Faso a Roma.
Grazie all’iniziativa di Amnesty International, lo scorso dicembre il Ministero delle politiche e della solidarietà sociale del Burkina Faso ha adottato una strategia nazionale (2016-2025) e un piano d’azione triennale (2016-2018) per prevenire ed eliminare il matrimonio precoce e forzato nel paese. Un passo importante nella giusta direzione, anche se moltissimo resta da fare e certamente non basta un provvedimento amministrativo per mettere fine a pratiche consolidate, soprattutto nelle aree rurali.
Hortence Lougué, coordinatrice dell’Association d’appui et d’eveil (Pugsada) ha dichiarato a Nigrizia, rivista dei padri comboniani: «Lavorando quotidianamente nelle nostre strutture di accoglienza, in rete con oltre 50 associazioni locali, l’impressione è che sempre più ragazze scappino da questi matrimoni (…) Grazie al moltiplicarsi delle possibilità di comunicazione e ai progressi nella scolarizzazione le lingue si sciolgono e le denunce aumentano» (leggi l’articolo).
Tuttavia non dobbiamo dimenticare che l’origine di questa pratica è da rintracciare, ancora una volta, nella povertà e nell’elevato numero di figli che talora spinge le famiglie ad allontanare le figlie femmine non appena possibile. “Una volta date in spose – racconta Hortence Lougué – le bambine sono costrette a rinunciare alla scuola, schiacciate dai lavori domestici, esposte ad abusi sessuali e a rischi gravi sul piano della salute, a partire da quello della mortalità materna. A causa delle dimensioni troppo piccole del bacino il parto può provocare lesioni permanenti come la fistola ostetrica». L’unica strada per “liberare” queste ragazze consiste nel “negoziare con mariti, genitori, capiclan, nella consapevolezza che i cambiamenti di mentalità sono lenti e che la stessa strategia non può valere sempre».
Ed è bene ricordare che queste pratiche non si limitano di certo al solo Burkina Faso. Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), nel mondo le vittime sono 13 milioni e mezzo l’anno, 37mila al giorno. In Asia meridionale il 46 per cento delle ragazze si sposa prima di compiere i 18 anni, a sud del Sahara il 37 per cento e in America Latina il 29.
Per conoscere meglio i termini di questa campagna riportiamo, di seguito, il testo integrale dell’appello che ciascuno di noi può utilmente sottoscrivere sul portale della sezione italiana di Amnesty International (clicca qui), ricordando come già nel mese di ottobre 2015 Amnesty International si era fatta promotrice di una campagna sullo stesso tema, attraverso uno spot shock ambientato a Roma, di cui vi avevamo dato notizia (leggi l’articolo).
In occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale delle donne, Amnesty International Italia promuove numerose iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla campagna Mai più spose bambine, con l’obiettivo di porre fine alla grave violazione dei diritti umani rappresentata dai matrimoni precoci e forzati, che si radica nella povertà e nella discriminazione.
Secondo le stime del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), 13.5 milioni di ragazze ogni anno nel mondo sono costrette a sposarsi prima dei 18 anni con uomini molto più vecchi di loro: 37 mila bambine ogni giorno alle quali, di fatto, viene negata l’infanzia. Isolate, tagliate fuori da famiglia e amicizie e da qualsiasi altra forma di sostegno, perdono la libertà e sono sottoposte a violenze e abusi. Molte di loro rimangono incinte immediatamente o poco dopo il matrimonio, quando sono ancora delle bambine.
I matrimoni precoci e forzati sono illegali secondo il diritto internazionale e sono vietati in molti dei paesi che ne registrano un alto tasso, ma le leggi esistenti spesso non vengono applicate oppure forniscono eccezioni per il consenso dei genitori o per le pratiche tradizionali. Grazie alla pressione sinora esercitata da Amnesty International, che chiede al governo del Burkina Faso di far rispettare la legge e proteggere le ragazze e le giovani donne, nel dicembre 2015 il ministero delle politiche e della solidarietà sociale del Burkina Faso ha adottato una strategia nazionale (2016-2025) e un piano d’azione triennale (2016-2018) per prevenire ed eliminare il matrimonio precoce e forzato nel paese.
É un passo positivo accolto con favore. Ma c’è ancora molto da fare. Per questo Amnesty International continua a raccogliere firme in favore di Maria (nome di fantasia) che a 13 anni è stata costretta a sposare un uomo di 70 che aveva già cinque mogli e delle altre spose bambine in Burkina Faso invitando tutti a partecipare con un’azione specifica: dall’8 marzo al 15 aprile produrre quanti più origami possibile a forma di fiore che saranno consegnati all’Ambasciata del Burkina Faso in Italia. Il fiore di carta intende rappresentare il simbolo dell’infanzia negata alle bambine del Burkina Faso.
Le persone che parteciperanno regaleranno così un fiore per esprimere la propria solidarietà a tutte quelle bambine che in Burkina Faso vedono i propri diritti negati. La grafica della parte interna del fiore richiamerà i tessuti tradizionali del Burkina Faso, sulla parte esterna, gialla, sarà possibile scrivere il proprio nome accanto a un messaggio. Per partecipare e seguire la campagna sui social network si potrà usare l’hashtag #maipiùsposebambine.
BURKINA FASO: RAGAZZE COSTRETTE A CONTRARRE MATRIMONI FORZATI
A 13 anni, Maria, nome di fantasia, è stata costretta a sposare un uomo di 70 anni che aveva già cinque mogli. Quando si è opposta, suo padre le ha detto: “Se non vai da tuo marito, ti uccido”.
In tutto il Burkina Faso, migliaia di ragazze e giovani donne, come Maria, sono costrette a contrarre matrimoni precoci. Una ragazza su tre si sposa prima dei 18 anni. Alcune di loro hanno appena 11 anni.
Devono avere tanti figli quanti ne vuole il marito, a prescindere dalla propria volontà o dal rischio che una gravidanza precoce comporta per la loro salute e vita.
Una volta sposate, molte di loro sono tenute a cucinare, pulire, raccogliere l’acqua e lavorare nei campi dall’alba al tramonto. Pochissime hanno la possibilità di andare a scuola.
Alcune ragazze fanno tutto il possibile per sfuggire ai matrimoni forzati, nonostante l’enorme pressione imposta dalla famiglia e dalla società in generale. Maria ha percorso quasi 170 km a piedi in tre giorni per cercare rifugio in un centro di accoglienza per giovani ragazze.
Sebbene i matrimoni forzati e precoci siano vietati dalla costituzione del Burkina Faso e dal diritto internazionale, le autorità continuano a chiudere un occhio. Il governo del Burkina Faso deve far rispettare la legge e proteggere le ragazze e le giovani donne dai matrimoni forzati.
Scrivi al governo del Burkina Faso: esorta il ministro della giustizia e dei diritti umani a non chiudere più gli occhi e a rispettare l’impegno preso dal suo paese nell’impedire i matrimoni forzati e precoci.
L’APPELLO
Ministry of Justice and Human Rights
Avenue de l’Indépendance,
Ouagadougou 01 BP 526
Burkina Faso
Egregio ministro,
Sono profondamente preoccupato per la diffusa pratica del matrimonio precoce e forzato in Burkina Faso e, in particolare, nella regione del Sahel. Come lei saprà, il matrimonio precoce e forzato è vietato dalla legge del suo paese così come dai trattati internazionali e regionali sui diritti umani di cui il Burkina Faso fa parte.
Tuttavia, studi hanno dimostrato che, di fatto, almeno un terzo delle ragazze in Burkina Faso si sposa prima dei 18 anni, con gravi conseguenze per la salute, la sicurezza e i diritti umani.
Esorto il suo governo a:
• far rispettare e a garantire l’applicazione delle leggi nazionali e degli obblighi internazionali che vietano il matrimonio forzato e precoce;
• garantire protezione e servizi di ricovero e di assistenza per le vittime di matrimoni precoci e forzati;
• sensibilizzare la popolazione sul divieto del matrimonio forzato e precoce e diffondere informazioni sui luoghi dove le ragazze possono trovare assistenza in caso di pericolo.
La ringrazio per l’attenzione.
Sono nato a Pescara il 18 settembre 1955 e vivo a Francavilla al Mare con mia moglie Francesca e i miei figli Camilla e Claudio. Ho una formazione umanistica, acquisita frequentando prima il Liceo Classico G.B. Vico di Chieti e poi l’Università di Padova, dove mi sono laureato in Filosofia con Umberto Curi. Il primo lavoro è stato nella cooperazione: un’esperienza che ha segnato il mio futuro. Lì ho imparato a tenere insieme idealità e imprenditorialità, impegno individuale e dimensione collettiva, profitto e responsabilità. Negli anni seguenti ho diretto un’agenzia di sviluppo locale e promozione imprenditoriale, sono stato dirigente in un ente locale, ho lavorato come consulente anche per importanti aziende globali. Oggi sono presidente di una start up cooperativa: evidentemente i grandi amori tornano di prepotenza, quando meno te lo aspetti. Nel lavoro mi piace condividere progetti, costruire percorsi inediti, fare squadra, veder crescere giovani professionalità. Amo leggere e ascoltare musica, camminare in montagna e, appena possibile, intraprendere un nuovo viaggio.
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