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Nel nostro Paese sono circa 600 mila i malati di Alzheimer e a causa dell’invecchiamento della popolazione sono destinati a crescere. I costi diretti dell’assistenza, inoltre, ammontano a più di 11 miliardi di euro, di cui il 73% a carico delle famiglie, con un costo medio annuo per paziente pari a circa 70 euro, sommando i costi di cui si fanno carico il Servizio sanitario nazionale (Snn) e le famiglie. Questo è quanto emerge dalla ricerca del Censis-Aima (Associazione italiana malattia di Alzheimer) che ha esaminato l’evoluzione negli ultimi sedici anni della condizione dei malati e delle loro famiglie.
L’analisi evidenzia che l’età media dei malati di Alzheimer si è alzata di 78,8 anni e che il 72% dei pazienti sono pensionati. Per quanto concerne, invece, il caregiver, ossia la persona che si prende cura del malato, ha mediamente 59,2 anni e dedica al malato in media 4,4 ore al giorno di assistenza diretta e 10,8 ore di sorveglianza. Oltre a ciò, il 40% dei caregiver, pur essendo in età lavorativa, non lavora e rispetto a dieci anni fa fra loro è triplicata la percentuale dei disoccupati dal 3,2% nel 2006 al 10% nel 2015.
Più della metà dei caregiver occupati segnala cambiamenti nella vita lavorativa, principalmente collegati alle assenze ripetute (37,2%); le donne occupate indicano più spesso di aver richiesto il part-time (26,9%). L’impegno del caregiver determina conseguenze anche sul suo stato di salute, soprattutto tra le donne: l’80,3% accusa stanchezza, il 63,2% non dorme abbastanza, il 45,3% dichiara di soffrire di depressione, il 26,1% si ammala frequentemente.
I malati di Alzheimer sono sempre più relegati all’ambito di cura delle famiglie. Dalla ricerca risulta che il 38% dei figli che si occupano dei propri genitori, lo fa grazie all’aiuto di una badante. Non a caso è sceso del 10% rispetto al 2006 il numero dei pazienti seguiti da una Uva o da un centro pubblico (56,6%). Quando la patologia è più grave il dato si abbassa ulteriormente (46%). Si è ridotta leggermente anche la percentuale di pazienti che accedono ai farmaci specifici per l’Alzheimer: dal 59,9% al 56,1%. Ed è diminuito il ricorso a tutti i servizi per l’assistenza e la cura dei malati di Alzheimer: centri diurni (dal 24,9% al 12,5% dei malati), ricoveri in ospedale o in strutture riabilitative e assistenziali (dal 20,9% al 16,6%), assistenza domiciliare integrata e socio-assistenziale (dal 18,5% all’attuale 11,2%).
Cresce, invece, il ricorso all’assistenza informale privata: i malati che possono contare su una badante sono il 38%. Alla badante si fa ricorso soprattutto usando il denaro del malato (58,1%). Ma rispetto agli anni passati emerge il peso inferiore delle risorse del malato (nel 2006 costituiva l’82,3% delle risorse destinate alle badanti), che appaiono bilanciate da un più vasto ricorso all’indennità di accompagnamento e al denaro dei figli oppure del coniuge.
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