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Oxfam: il divario tra poveri e super ricchi

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Nel corso del 2015, l’1% della popolazione mondiale è diventato più ricco del restante 99%. Questo è quanto emerge dal nuovo rapporto Oxfam “An Economy for the 1%” (leggi il documento disponibile solo in inglese) pubblicato a pochi giorni dal World Economic Forum di Davos, l’appuntamento annuale che interessa le élite della finanza e della politica internazionale.
Secondo il report, tra il 2010 e il 2015 chi era già ricco lo è diventato ancora di più: a conferma di tale tendenza, la relazione evidenzia che, nel 2010, 388 persone avevano la stessa quantità di ricchezza della metà più povera della popolazione mondiale, mentre nel 2015 tale numero è sceso a 62. Un gruppo piccolo di persone ha in mano la stessa ricchezza di ben 3,6 miliardi di persone.

Tale rapporto mostra come i patrimoni dei 62 super ricchi, tra i quali si contano solo 9 donne, sono aumentati del 44% tra il 2010 e il 2015 e ammontano complessivamente a 1.760 miliardi di dollari. Nello stesso periodo, le ricchezze in mano alla metà più povera del mondo si sono ridotte del 41%, nonostante una crescita demografica di 400 milioni di individui.

Per quanto concerne invece l’Italia, essa presenta un trend analogo a quello osservabile a livello globale: i dati sulla distribuzione nazionale di ricchezza del 2015 indicano come l’1% più ricco degli italiani abbia il 23,4% della ricchezza nazionale netta, una quota pari a 39 volte la ricchezza del 20% più povero del Paese. Inoltre, se si analizza il periodo che va 2000 al 2015, si nota come l’aumento della ricchezza non si sia suddiviso equamente: più della metà è andata a beneficio del 10% più ricco del Paese.

«L’elusione fiscale delle multinazionali», ha spiegato Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia, «ha un costo per i Paesi in via di sviluppo stimato in 100 miliardi di dollari all’anno, e ha un impatto importante anche nei paesi OCSE come l’Italia. Il Governo italiano può agire per porre fine all’era dei paradisi fiscali, sostenendo a livello nazionale e in Europa una serie di misure. Per le imprese multinazionali sono necessari maggiore trasparenza e approcci comuni da parte degli Stati. Sosteniamo quindi l’obbligo di rendicontazione pubblica in ogni paese in cui le multinazionali UE operano (country-by-country reporting), e un modello vincolante di tassazione unitaria nella UE, perché le tasse siano pagate laddove l’attività economica si svolge realmente».

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