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Titolo originale: Intouchables – Francia 2011
Regista: Olivier Nakache
Durata: 112 minuti
Due ore passano velocemente lasciandoti una piacevole sensazione di benessere e di felicità ma anche di allegria.
E’ il risultato del film/commedia “Quasi amici” tratto da una storia vera che narra del rapporto tra due uomini “diversi” ma straordinariamente unici.
Philippe (nella realtà l’attore francese François Cluzet) è un uomo tetraplegico obbligato a una vita difficile in quanto totalmente inabile e costretto su una sofisticatissima sedia a rotelle. E’ comunque un uomo molto colto e ricco che ama ascoltare Vivaldi e colleziona dipinti in quanto cultore dell’arte.
Poi abbiamo Driss (l’attore Omar Sy), un ragazzo di colore che rappresenta l’antitesi del primo: sano ma rozzo, sguaiato e ignorante, povero e alla ricerca di lavoro, dal carattere fin troppo espansivo che ama gli Earth Wind & Fire e non sa distinguere un dipinto da un poster.
Due personaggi differenti che vivono due realtà differenti ma legati da un comune denominatore: il forte rifiuto del vittimismo e della commiserazione di se stessi, prima ancora che degli altri.
La storia ha inizio con la selezione, da parte di Philippe, di un assistente sanitario e qui conosce Driss: obiettivo del primo è mettere alla prova il secondo più per curiosità e irrefrenabile voglia di cambiamento, che per i suoi modi discutibili e gretti.
Da parte sua Driss non presta alcuna attenzione alla disabilità di Philippe e lo tratterà come una persona assolutamente normale, facendogli vivere pienamente la propria vita e aiutandolo da un lato a superare il suo modus vivendi e operandi di disabile, e dall’altro addirittura a fargli trovare l’amore con la A maiuscola.
Questi personaggi mostrano per tutta la durata della pellicola di possedere ironia, apertura mentale e forza d’animo: di qui l’intesa profonda che porta a quella strana amicizia, fondata sul superamento dei pregiudizi, delle convenzioni e degli schemi preconcetti. Un rapporto autentico che diventerà per entrambi occasione di crescita e di maturazione tale da trasformare radicalmente, al termine del percorso, la loro esistenza migliorandola.
E poi la storia è pervasa da un fortissimo senso sociale in quanto non emerge la solita sofferenza del disabile di sentirsi umiliato (sensazione questa ricorrente nella società odierna) e non si permette al deficit di oscurare il valore della persona nella sua essenziale umanità. Nel film il disabile non è un automa da accudire fisicamente, ma è una persona “normale” con il bisogno di spostare l’attenzione dalle sue parti inabili a quelle abili. Una persona che esprime il bisogno di una normalità di ruolo, per non rimanere in una posizione di status marginale ma avere una precisa identificazione all’interno della organizzazione sociale.
Arrivata dalla Puglia in Abruzzo nel 1988, da allora vivo felicemente a Pescara con i miei figli, Davide e Luna, e mio marito. Ho realizzato i miei studi a Barletta frequentando prima il Liceo Scientifico Statale e, in seguito, un Corso parauniversitario in Servizi Sociali. Questo primo approccio professionale al sociale e alle sue tematiche ha segnato la mia vocazione: aiutare le persone in stato di bisogno/difficoltà offrendo soluzioni e opportunità di benessere comune. Anche la formazione professionale ha avuto un ruolo considerevole nel mio percorso lavorativo. Dalla collaborazione, prima, con una importante agenzia formativa piemontese a quella successiva, per undici anni, con un’agenzia a partecipazione pubblica, ho perfezionato le mie competenze in attività di coordinamento, monitoraggio e valutazione anche di progetti complessi a valere su finanziamenti regionali, nazionali e comunitari. Da qualche mese, insieme ai miei amici e colleghi, sto vivendo una nuova sfida: Social Hub, società cooperativa con una forte vocazione all’economia civile oltre che alla consulenza e ai servizi all’impresa. Quale migliore opportunità per tornare al mio mondo sociale?
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