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È stato approvato l’accordo di Parigi e diramato il testo ufficiale che sancisce la fine della Cop 21.
La questione cruciale era quella di accordarsi al fine di contenere l’aumento della temperatura media della terra – oggi a quota +1°C – e in questo senso si può parlare di obiettivo raggiunto dal momento che il documento rende noto che l’impegno dovrà essere quello di arrivare a raggiungere un valore «molto al di sotto» dei 2°C, puntando decisamente a fissare una soglia che non superi 1,5° (leggi l’articolo).
Scontento, dunque, per i paesi più deboli che chiedevano già da subito un valore massimale pari al grado e mezzo. Su questo punto il primo a dire la sua è stato James Hansen, lo scienziato della Nasa che nel 1988 lanciò l’allarme sui cambiamenti climatici. Dell’accordo sul clima si esprime infatti in questi termini: «Si tratta di una frode, un falso, nessuna azione e solo promesse». Dello stesso avviso è stato Krishneil Narayan, la coordinatrice dell’associazione Climate Action Network per le Isole del Pacifico, che ricorda come per la sua gente sia impossibile accettare un compromesso che non soddisfa i parametri richiesti.
Kumi Naidoo, direttore di Greenpeace International, ha invece scelto la strada della pacatezza evidenziando con soddisfazione lo scompiglio che la Cop 21 potrebbe causare alle compagnie del carbone e del petrolio.
Il problema del surriscaldamento globale è strettamente connesso con quello che ha a che fare con le riduzioni di gas a effetto serra, e questo è un tema che ha deluso poiché nessuna decisione è stata presa tranne quella di invitare i governi a una maggiore responsabilizzazione per evitare la catastrofe.
Si stima infatti che se non si cambierà rotta adottando misure ragionevoli le emissioni potrebbero arrivare a toccare quota +2,7°, come ha ammesso lo stesso governo francese.
Ma dopo il veto imposto dall’Arabia Saudita e dall’India, che di riduzione di carbone non vogliono neanche sentir parlare, pareva piuttosto utopico pensare a un accordo in tal senso, con grande rammarico per gli ambientalisti che tanto si erano battuti su questo punto.
Altri due punti dolenti: i costi e la mancanza di riferimento al traffico aereo e marittimo.
Per quanto concerne la prima questione, da Copenaghen ribadiscono che servono almeno 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 per aiutare gli Stati più deboli a uniformarsi a parametri più consoni. Non tutti gli esperti sono convinti che tale cifra sia realistica e, in più, fanno notare, che dal 2020 in poi nessun progetto è stato contemplato, ben conoscendo la portata del problema in termini di futuro.
Il traffico aereo e quello marittimo non hanno recitato neanche il ruolo di comparsa nell’ambito della Cop 21, cosa grave se si considera che una discreta fetta delle emissioni mondiali di gas a effetto serra provengono proprio da lì. In merito a questo punto, dunque, si sono scatenate solo delle polemiche senza, di fatto, raggiungere alcun risultato.
Sostanzialmente molto dipenderà dal buonsenso e dall’etica di ciascun paese, al di là di quanto emerso dalla riunione parigina. Certo è vero che, come tiene a sottolineare Mohamed Adow, di Christian Aid, «è la prima volta nella storia che il mondo intero si impegna a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, sebbene ciascun paese procederà con una velocità diversa».
L’Accordo di Parigi verrà depositato presso le Nazioni Unite a New York, il 22 aprile 2016.
Da quel momento in poi sarà previsto un anno di tempo per i governi per ratificarlo. Entrerà ufficialmente in vigore quando almeno 55 paesi si impegneranno a raggiungere i risultati, le quote e i limiti stabiliti nel testo ufficiale della Cop 21.
Sono nata a Pescara il 20 aprile del 1983, dove tuttora vivo. Ho una formazione di tipo sociale e dopo il titolo di “Tecnico dei Servizi Sociali”, ho approfondito le mie conoscenze fino a divenire “Esperto di Comunità”. Questo mi ha permesso di avere alcune interessanti esperienze presso Cooperative e Associazioni entrando così in contatto diretto con l’anima delle persone e consolidando la mia natura empatica. Sono estroversa, creativa, curiosa e passionale, credo nei progetti e nella passione che alimentano il gusto delle nuove sfide. Amo leggere, viaggiare, passeggiare in montagna e ascoltare buona musica.
La mia più grande passione è la scrittura. Come freelance ho avuto l’opportunità di scrivere per alcuni giornali del web e della carta stampata e, in seguito a un corso di “scrittura professionale”, ho avuto modo di approfondire gli aspetti più tecnici del mestiere. Grazie ad uno stage presso la Social Hub scarl ho avuto l’opportunità di esprimere al meglio la mia grande voglia di interagire con il mondo attraverso il portale “Felicità Pubblica”.
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