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Questo approfondimento trae spunto da un nostro articolo pubblicato il 10 novembre 2015, “Italia: tutti pazzi per il crowdfunding” in merito alla ricerca realizzata dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e coordinata dalla prof. Ivana Pais, con il contributo di TIM quale sponsor dell’iniziativa e il supporto tecnico di Starteed.
Lo studio, presentato a Milano in occasione di Sharitaly, il festival dedicato all’economia collaborativa, mette in luce un vero e proprio boom del crowdfunding nel Belpaese dove, nato nel 2005 con Produzioni dal Basso, ora conta ben 82 piattaforme (che danno lavoro complessivamente a 249 persone), di cui 69 attive (al 21 ottobre 2015) e 13 in fase di lancio, con un aumento del 68%: a maggio 2014 si contavano infatti 41 piattaforme attive.
A livello geografico, la maggior parte delle piattaforme di crowdfunding (26), è collocata nell’Italia settentrionale e in particolare a Milano (sede legale di 16 piattaforme e sede operativa di 18). Nel Centro Italia sono collocate 7 sedi legali e 9 sedi operative; nel Sud Italia si registrano 5 sedi legali e 3 sedi operative.
Gli imprenditori di questo settore sono prevalentemente uomini (68%), sotto i 40 anni (l’età media è 38,5 anni), laureati (81%), con una formazione in ambito economico (32%) o ingegneristico (12%).
Rispetto ai modelli crowdfunding, il più diffuso è il modello rappresentato dal “reward based” (31%) che offre la possibilità di poter partecipare al finanziamento di un progetto ricevendo in cambio un premio o una specifica ricompensa non in denaro.
Seguono:
– il modello “donation based” (13%) che prevede di effettuare donazioni per sostenere una determinata causa o iniziativa senza ricevere alcun ritorno economico (ad esempio, il finanziamento della compagna elettorale di un candidato con il solo scopo di favorirne l’elezione);
– il modello “equity based crowdfunding” (13%) con cui si acquisisce un titolo di partecipazione in una società, che fornisce diritti patrimoniali e/o amministrativi nell’impresa beneficiaria dell’investimento;
– infine, il modello “social lending” (3%) rappresenta una forma peculiare di crowdfunding in quanto offre la possibilità di realizzare prestiti tra privati, i quali sono ricompensati con il pagamento di interessi.
I modelli ibridi (Ricompense+Donazioni; Donazioni+Debito) rappresentano il 9%.
Il mercato delle piattaforme è prevalentemente nazionale (73%); il14% delle piattaforme si rivolge a un mercato locale e solo il 12% a un mercato estero.
La forma giuridica più utilizzata per le piattaforme di crowdfunding è la società a responsabilità limitata ( 21). Le startup innovative iscritte al registro sono 7.
La maggior parte delle piattaforme (82%) si rivolge a privati, ma è alta anche la percentuale di quelle che si rivolgono ad associazioni (74%), superiore rispetto alle aziende (67%); la quota di piattaforme che si rivolge alla Pubblica Amministrazione è del 49%.
Prevalgono le campagne creative e culturali (37%) e sociali (34%), quelle imprenditoriali si fermano al 20%. Per il 2016 le piattaforme prevedono una crescita delle piattaforme imprenditoriali, civiche e immobiliari.
Rispetto ai progetti e alla raccolta dei fondi possiamo riportare alcuni dati degni di nota:
– le piattaforme di crowdfunding attive intervistate hanno raccolto 857.331 donatori/finanziatori per un totale di 56,8 milioni di euro;
– fra i finanziatori, quelli “seriali” (che hanno finanziato più di un progetto) rappresentano mediamente il 30%;
– le quote di finanziamento sono così distribuite: il 9% sotto i 5 euro, il 23% dai 5 ai 10 euro, il 14% dagli 11 ai 20 euro, il 14% dai 21 ai 30 euro, il 4% dai 31 ai 40 euro, l’11% dai 41 ai 50 euro, il 10% dai 51 ai 100 euro, il 16% sopra i 100 euro;
– il 69% delle piattaforme intervistate offre anche servizi aggiuntivi, Il 57% delle piattaforme prevede il monitoraggio dei progetti;
– 100.924 sono i progetti presentati (+108% da maggio 2014), 21.384 sono i progetti pubblicati (+67% da maggio 2014); il 30% è il tasso di successo (era del 37% nel 2014).
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