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Il crowdfunding viene utilizzato spesso per raccogliere fondi necessari a realizzare progetti di promozione culturale, sociale e ambientale. La volonta di creare modelli innovativi di sviluppo di questo tipo si basa su valori comuni: da un lato quelli della finanza etica che mettono al centro la trasparenza e la produzione di valore sociale e ambientale e dall’altro gli elementi tipici di alcune piattaforme di crowdfunding quali net neutrality, sobrietà, centralità della persona, equità.
Un caso di eccellenza di contaminazione tra finanza etica e crowdfunding è rappresentato dal network di Banca Popolare Etica su Produzioni dal Basso, nato nel 2014, per consentire alle organizzazioni e alle persone socie e clienti di Banca Etica di raccogliere fondi per progetti socio-culturali.
Un network sicuramente innovativo per promuovere iniziative sociali, culturali, ambientali. Riportiamo alcuni casi di eccellenza, attraverso la presentazione diretta di 3 progetti che sono stati già finanziati in passato e che noi abbiamo selezionato.
“Hola. Siamo Maurizio e Maria José, della Fattoria Gioia, una piccola azienda agricola biologica che fa agroecologia sulle colline teramane, a Cellino Attanasio. Dopo la neve del 5 marzo, qui è franato tutto: siamo rimasti isolati, senz’acqua, con i nostri due bimbi, le capre, le mucche, i maiali, e il caseificio da portare avanti. E stata dura. Abbiamo avuto paura, tanta paura.. Abbiamo tenuto duro grazie alla straordinaria rete di solidarietà che si è creata sopratutto fra i diversi GAS abruzzesi. Dobbiamo anche ringraziare i volontari del WWOOF Italia che sono venuti a piedi in quel periodo per darci una mano, e tanto coraggio.
Adesso l’emergenza è passata, ma dopo un primo intervento di emergenza, c’è ancora un divieto di circolazione, tranne per residenti, e comunque quando piove, viene giù il fango e non si passa più.
Visto che le istituzioni non ce la fanno a intervenire su questa strada comunale, dobbiamo arrangiarci da soli. Abbiamo già pulito con la zappa un po’ di punti di scolo per l’acqua, ma le nostre forze sono minuscole nei confronti di una calamità naturale di queste dimensioni: abbiamo bisogno di uno scavatore per tenere i punti di scolo puliti prima delle prossime piogge.
E poi, in spagnolo si dice “A Dios orando, y con el mazo dando”, cioè: bisogna mettere insieme pratica e teoria. In collaborazione con l’Associazione Italiana per l’Ingegneria Naturalistica, stiamo organizzando un corso sia per noi contadini che per gli addetti ai lavori, su come migliorare la gestione delle acque.
Perché vogliamo, e dobbiamo rimanere sul territorio, noi contadini, non possiamo più fare le cose senza prendere atto di quello che accade intorno a noi. Non possiamo soltanto subire le conseguenze del dissesto idrogeologico, ma dobbiamo agire per evitarlo, o per lo meno, mitigarne le conseguenze”.
“Promuovere un’economia che mette al centro le persone, i diritti, la sostenibilità, la giustizia. Creare uno spazio fisico che possa essere di riferimento per coloro che, con i propri acquisti, vogliono scegliere questo tipo di economia. Aprire un negozio nel centro cittadino per raggiungere e dialogare anche con persone non coinvolte in questo tipo di proposta, proponendo un consumo consapevole e attento ai propri effetti. Questi sono gli obiettivi del progetto “La Bottega dell’Economia Solidale”: l’occasione di concretizzarli si presenta grazie alla necessità di rinnovare la bottega del commercio equo e solidale, dopo oltre 15 anni di presenza attiva e partecipe nella città di Verbania. Il trasloco diventa dunque la possibilità di rimescolare le carte, rilanciando i valori e i prodotti del commercio equo e solidale e integrandoli con altre proposte, quali l’acquisto diretto dai produttori, i prodotti dei terreni confiscati alle mafie, la cooperazione sociale, l’economia carceraria.
Lo spazio individuato per questo progetto è in corso Garibaldi, una delle vie centrali di Verbania. Al piano terra ci sarà la Bottega vera e propria, gestita dalla coop. Raggio Verde, che ospiterà una gamma rinnovata di prodotti del commercio equo e solidale, dall’alimentare al tessile, passando dalla cosmesi e dai prodotti per la casa. Tra i prodotti che completano la proposta della nuova Bottega troveremo inoltre: “Solidale Italiano”, una nuova linea che promuove il lavoro prezioso e spesso nascosto di cooperative sociali e piccoli produttori italiani che sono, a tutti gli effetti, attori di un commercio più giusto qui in Italia; i prodotti di Banda Biscotti e di altre esperienze di economia carceraria; una selezione di prodotti di Libera Terra, la rete di cooperative che lavorano sui terreni confiscati alle mafie; la Borsa della Spesa, un appuntamento con prodotti locali, biologici e ad alto valore sociale, arricchito dalle proposte della gastronomia bioequaPropibun.
L’ampio magazzino del negozio sarà invece il punto di appoggio per il Gruppo di Acquisto Solidale dell’assocazione Sottosopra, attraverso cui già oggi oltre 40 famiglie si riforniscono direttamente dai produttori per la propria spesa quotidiana.
Ad arricchire le proposte per un’economia più solidale ci saranno gli appuntamenti periodici con il banchiere ambulante di Banca Etica, per scoprire come impiegare i propri risparmi in modo responsabile e un calendario di incontri e proposte culturali per conoscere le storie che ci sono dietro i prodotti e le proposte di questa Economia Solidale.
L’apertura è prevista per settembre, ma lo spazio scelto per il progetto necessita di interventi importanti di ristrutturazione, come la messa a norma degli impianti, il rifacimento della pavimentazione e la creazione di alcune tramezze per suddividere gli spazi nel magazzino. L’arredo del negozio verrà rinnovato, coinvolgendo anche il laboratorio “La Gang del Truciolo” del carcere di Saluzzo.
I fondi raccolti verranno pertanto utilizzati per finanziare una parte di questi lavori”.
3. Costruiamo la casa dei beni comuni
“Siamo un gruppo di attivisti che lottano per la difesa e la conquista dei beni comuni. Siamo comunardi bellunesi, contorsionisti della precarietà, pensionati, operatori sociali, referendari vittoriosi, policy makers di quartiere, media-attivisti, volontari della cultura, sindacalisti riottosi, eco attivisti, studenti non dormienti.
Stiamo ora unendo le forze per costruire la nostra futura casa, la casa dei beni comuni, il luogo di tutto ciò che, materiale e non, puo essere prodotto, resistuito e conquistato dalla comunità.
Dal luglio del 2013 abbiamo iniziato un percorso di recupero di una ex base militare nel comune di Belluno per trasformarla in uno spazio sociale polivalente e aperto alla città.
Lo scopo è quello di creare un luogo “vivo”, di autoproduzione, di cultura e partecipazione politica attraverso una cooperazione sociale che sappia mettere insieme le varie competenze già esistenti e integrarle in maniera costituente a difesa e promozione dei beni comuni.
Lo spazio potrà ospitare eventi culturali, teatrali e musicali, mostre ed esposizioni, assemblee, incontri pubblici, e sarà inizialmente composto da un piccolo bar, un’officina, una falegnameria ed un orto sociale ed un piccolo ufficio per la redazione del sito d’informazione indipendente bellunopiù.
La casa dei beni comuni esiste già. L’edificio in questione è una palazzina in muratura di circa 200 metri quadrati che versa in buono stato ma necessita di lavori di ristrutturazione e messa in sicurezza, oltre che al rifacimento degli impianti.
Questi lavori sono già cominciati a opera di un gruppo eterogeneo e intragenerazionale di volontari, con lo sfalcio della folta vegetazione che negli anni di abbandono si era impadronita dell’area, la sostituzione di gran parte delle tegole, il risanamento parziale dei muri e la pulizia di grondaie e pozzetti. Tutti i materiali utilizzati sono stati recuperati o donati da sostenitori del progetto.
Questo progetto si inserisce a pieno titolo nel sistema di welfare territoriale della provincia bellunese come risposta concreta a un bisogno sociale che da almeno vent’anni si presenta con regolarità. La rivendicazione di uno Spazio Sociale Autogestito, infatti, è emersa in diverse forme e ancora non ha trovato una soluzione.
Nell’ambito delle Politiche Sociali questo progetto va considerato come uno strumento di costruzione di “capacità comunitaria” attraverso un’azione collettiva. Lo sviluppo della comunità come antidoto alla frammentazione sociale e alle sue problematiche correlate, come valorizzazione delle risorse positive attraverso una cooperazione attiva dei suoi membri. Un processo di “empowerment” o potenziamento comunitario dove la possibilità di socializzare il sapere, anche quello pratico, è, nell’epoca del non lavoro e della precarietà generalizzata, una risposta alla svalutazione dei saperi stessi e un modo per produrre strumenti/relazioni di contrasto all’impoverimento, o peggio alla marginalizzazione ed esclusione sociale, in un contesto economico caratterizzato da un accesso intermittente al reddito.
Allo stesso tempo, il progetto è portatore di un approccio emancipatorio, di allargamento dei diritti, di critica ai rapporti sociali esistenti tanto che il suo scopo non è quello di produrre dei servizi ad eventuali utenti passivi o peggio ancora, di venderli a dei clienti, ma di coinvolgere attivamente le persone in percorsi di cambiamento a partire proprio dalla propria esistenza”.
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