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Sono questi i principali numeri che emergono dal V Rapporto sui conflitti dimenticati dal titolo “Cibo di guerra”, curato dalla Caritas italiana in collaborazione con Famiglia Cristiana, e presentato questa mattina all’Expo di Milano durante una due giorni dedicata al tema.
Dati tutt’altro che confortanti che evidenziano un aumento delle guerre nel mondo. Nel 2014 sono stati 424 i conflitti, contro i 388 del 2011, con un aumento del 9,3%. E sono almeno quintuplicate, in 15 anni, le vittime degli attacchi terroristici jihadisti: da 21mila a 38mila morti in media l’anno, soprattutto in Iraq, Siria, Afghanistan, Pakistan e Nigeria. Conseguentemente ha registrato un boom anche il mercato degli armamenti che coinvolge prevalentemente, in veste di esportatori, gli Stati Uniti e la Russia (che coprono il 58% del totale), mentre è l’Arabia Saudita (+300%) a fare la parte del leone tra gli importatori, seguita dall’India (+140%). La spesa militare globale, alla fine del 2014, vede gli Stati Uniti al primo posto (35,1%), poi la Cina (8%), l’Arabia Saudita (5%), la Russia (4,4%), il Regno Unito (3,8%), la Francia (3,3%), il Giappone (3%).
Nel Rapporto viene messa in luce, dunque, una pericolosa inversione di tendenza. «Dopo anni di segno positivo, gli indicatori che misurano il grado di ‘pacificità’ del pianeta iniziano a puntare verso il basso», evidenzia la Caritas, « con un significativo coinvolgimento della popolazione civile e un crescente ricorso all’impiego di tattiche tipiche dell’azione terroristica».
Il 95% delle 38mila vittime l’anno degli attacchi jihadisti, che coinvolgono sempre di più scuole, università, giovani studenti, civili innocenti, sono concentrate in 5 Paesi in via di sviluppo in Asia e Africa. Tutte le guerre, rileva il Rapporto, indossano delle «maschere», che spesso vengono confuse con le cause vere del conflitto: al primo posto quella religiosa. Nei Paesi colpiti «la mancanza di cibo e le guerre», si legge nel Rapporto, «si intersecano in un mix letale, con l’inevitabile riflesso migratorio su scala planetaria».
L’indagine mette in luce anche un aumento dei video, trasmessi principalmente su YouTube, che potrebbero rappresentare un pericoloso strumento propagandistico. Dal Rapporto Caritas risulta che l’attenzione ai conflitti, infatti, è molto forte: questi video superano in alcuni casi il 50% di tutte le notizie video trasmesse sui canali YouTube dalle principali testate di informazione mondiali, con «un nuovo rischio di manipolazione», come dimostrano i filmati diffusi dall’Isis sul web. Per questo il Rapporto Caritas avverte: «C’è un forte bisogno di contestualizzazione e mediazione giornalistica», altrimenti «saremo tutti più informati ma diventeremo anche più manipolabili».
Altro dato analizzato nel Rapporto, poi, è quello relativo alla presenza di profughi in fuga da guerre nei Centri d’ascolto Caritas di 50 diocesi (ottobre 2014-marzo 2015): il 20% è fuggito dal conflitto in Libia, il 12,1% dalla Nigeria, il 9,1% dall’Ucraina, il 7,1% dal Gambia; il 33% vive in istituti o comunità di accoglienza; il 20% ha con sé la famiglia; quasi la metà, il 49,2%, ha lasciato il proprio Paese nel 2014 e nei primi mesi del 2015. Infine i profughi sono quasi tutti giovani: il 71,9% non supera i 34 anni.
Sono nata ad Avezzano (L’Aquila) sotto il segno dell’acquario, il 18 febbraio 1981, e dal 2009 vivo a Montesilvano (Pescara). Socievole, chiacchierona e curiosa dalla nascita, ho assecondato questa naturale inclinazione laureandomi a 24 anni in Scienze della Comunicazione a Perugia e scegliendo il giornalismo come ragione di vita prima ancora che come professione. Dopo diverse esperienze come giornalista di carta stampata e televisiva, dal 2012 mi occupo di cronaca per il quotidiano abruzzese il Centro, oltre a curare diversi progetti come freelance. Tra le mie più grandi passioni, oltre alla scrittura, ci sono i viaggi, la fotografia e il cinema, che nel 2011 mi hanno portato a realizzare, come coautrice, un documentario internazionale sulla figura della donna nell’area del Mediterraneo. Dall’estate 2015 ho il privilegio di dirigere il portale Felicità pubblica. Indipendente, idealista e sognatrice, credo nella famiglia, nell’amore, nell’amicizia e nella meritocrazia e spero in un futuro lavorativo migliore per i giovani giornalisti che, come me, preferiscono tenere i sogni in valigia piuttosto che chiuderli in un cassetto.
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