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Ahmadreza Djalali è un medico di 45 anni residente in Svezia. Docente e ricercatore in medicina dei disastri e assistenza umanitaria, ha insegnato nelle università di Belgio, Italia e Svezia.
Lavora nel campo della Medicina dei disastri dal 1999 e ha scritto decine di articoli accademici.
Ha lasciato l’Iran nel 2009 per un dottorato di ricerca presso il Karolinska Institute in Svezia, poi presso l’Università degli studi del Piemonte Orientale e la Vrije Universiteit di Bruxelles, in Belgio.
Il ricercatore è stato arrestato nel 2016 dai servizi segreti iraniani, mentre si trovava in Iran per partecipare a una serie di seminari nelle università di Teheran e Shiraz. L’uomo si è visto ricusare per ben due volte un avvocato di sua scelta, mentre le autorità iraniane esercitavano forti pressioni su di lui affinché firmasse una dichiarazione in cui “confessava” di essere una spia per conto di un “governo ostile”. Al suo rifiuto, è stato minacciato di venir accusato di reati più gravi. E infatti nel 2017 è stato condannato a morte in via definitiva con l’accusa di spionaggio in favore di Israele.
La sua esecuzione è stata annunciata e poi rimandata più e più volte, spesso sospesa a causa delle pressioni internazionali.
Purtroppo dal mese di novembre 2020, Djalali non può comunicare con la moglie e con i loro due figli che vivono attualmente in Svezia; le uniche informazioni sul suo conto sono quelle provenienti dai suoi legali che parlano di un grave stato di salute.
Il 9 maggio scorso il suo avvocato, uscendo dagli uffici della procura, ha annunciato che l’ordine di esecuzione è stato dato e si procederà entro il 21 maggio.
Pochi giorni fa a Roma, Amnesty International ha organizzato una manifestazione presso l’ambasciata dell’Iran per chiedere l’annullamento della pena di morte.
Ha dichiarato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty in Italia: «Si sta avvicinando paurosamente il giorno entro il quale, secondo le autorità iraniane, Ahmadreza Djalali potrebbe essere messo a morte.
Continuamo a chiedere che il mondo faccia qualcosa e la diplomazia agisca. Ahmadreza è innocente, è un uomo di scienza. Vogliamo che torni in Svezia dalla moglie e dai figli, che la condanna a morte sia annullata e che sia rilasciato al più presto e senza condizioni».
È quindi possibile firmare l’appello per la liberazione del ricercatore cliccando qui.
Sono nata a Milano il 3 giugno 1957 da genitori piemontesi. Mi sento però a tutti gli effetti milanese perché amo profondamente la mia città. Ho frequentato il Liceo Classico Omero, percorso di studi che rifarei senza alcuna remora. Amo tutta la letteratura e tutti i libri che siano degni di chiamarsi tali e possiedo una notevole libreria in casa, tant’è che ho fatto rinforzare i pavimenti.
Ho svolto nel corso degli anni praticamente tutti i lavori inerenti ad aziende di commercio alimentare, dall’import alla contabilità, alla conoscenza dei prodotti.
Sono poi passata a interessarmi di economia e finanza ma le mie passioni rimangono quelle umanistiche, in particolare la Storia. Mi piace molto scrivere, attività che ho sempre svolto con molta passione.
Adoro tutta la musica, da quella classica a quella contemporanea, da quella popolare a quella cantautoriale.
Mi diverto a cucinare i piatti della tradizione e, ahimè, oltre a cucinarli, li mangio.
Mi piacciono le sfide e amo confrontarmi con gli altri, per questo sono contenta di collaborare con Felicità Pubblica che me ne dà l’opportunità…
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