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“Strappare lungo i bordi” di Zerocalcare

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E’ uscita da pochi giorni sulla piattaforma Netflix e non si parla d’altro. Strappare lungo i bordi, la serie ideata, scritta, diretta e perfino interpretata da Zerocalcare, all’anagrafe Michele Rech, ha conquistato davvero tutti, se tralasciamo qualche piccola critica fuori dal coro che lo ha bacchettato per l’utilizzo del romano (ma veramente?! E comunque si può attivare l’opzione sottotitoli).

Qual è il segreto della serie?

Molto semplicemente: dire la verità, tutta, così com’è. E dirla con ironia, leggerezza, malinconia, semplicità.

La serie, prodotta da Movimenti Production in collaborazione con BAO Publishing, è composta da 6 episodi ed è ambientata nell’ormai noto universo narrativo del fumettista.

Zero deve affrontare un viaggio insieme agli amici di sempre e all’immancabile coscienza che ha le sembianze di un armadillo e la voce di Valerio Mastandrea. Un viaggio a cui nessuno vuole pensare e la cui destinazione scopriamo solo alla fine delle sei puntate. Un viaggio pieno di musica (a partire dalle meravigliose canzoni del cantautore romano Giancane) citazioni e filosofia, da Nietzsche a Platone col suo mito della caverna.

Perché Strappare lungo i bordi è anche un viaggio nella filosofia nichilista, che racconta una visione dell’essere umano che nessuno aveva avuto il coraggio di spiegarci così.

Andrea Colamedici, analizzando la serie, parla di nichilismo punk; il messaggio che ci arriva è infatti quello di uno spaesamento esistenziale. Un manifesto generazionale che parla ai trentenni e quarantenni ma allo stesso tempo a tutti, perché ci avevano fatto delle promesse, ci avevano raccontato che saremmo stati felici, che bastava strappare lungo i bordi e le cose destinate a noi sarebbero arrivate e che saremmo vissuti in un bel palazzo fatto di certezze e stabilità. Il palazzo invece è crollato e noi ci ritroviamo ad abitare fra le macerie.

Tra l’altro è inquietante il parallelismo con il gioco Dalgona di Squid Game, altra serie che sta spopolando, in cui o riesci a tagliare lungo i bordi un dolcetto al caramello o muori. Semplice e terrificante e non importa se il dolcetto è a forma di triangolo, cerchio o se sei sfortunato e ti becchi l’ombrello, il gioco è basato sul caso e non fa sconti a nessuno. “E’ annata così”.

La serie sferra un feroce attacco al capitalismo che non diventa mai retorico né tantomeno autoreferenziale.

Insomma un vero e proprio manuale per noi disadattati, sull’insensatezza del vivere ma anche sulla bellezza. Per chi alla fine ci crede ancora nonostante le paure, le incertezze e i bordi strappati male. Tanto è inutile che vivi fuori se muori dentro e allora tanto vale provarci.

Imperdibile e devastante.

Bene, ecco i miei due centesimi sulla serie ma l’ho troppo amata per non parlarne. Spero che il mio pezzo vi piaccia. Se non vi piace… “a me nun me ne frega n’c…o, annamo a pijà er gelato?”.

Secco dixit.

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