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Tutto il mondo “sviluppato” corre verso la terza dose del vaccino anti COVID. Israele e Stati Uniti hanno aperto le danze e, a seguire, Gran Bretagna, Germania, Ungheria, Francia e la stessa Italia si sono affrettate a imitarli. Nulla di strano. Secondo molti esperti “i dati disponibili mostrano chiaramente che la protezione contro l’infezione da coronavirus diminuisce con il tempo, e in coincidenza con la variante Delta, iniziamo a vedere una protezione ridotta contro la malattia in forma moderata e lieve. Abbiamo concluso che un richiamo sia necessario per massimizzare la protezione da vaccino e prolungare la sua durata”. E allora è bene attrezzarsi per tempo. Neanche a dirlo i giganti farmaceutici sono pronti a far fronte a queste ulteriori necessità, di certo aumentando i prezzi delle forniture.
Eppure l’Organizzazione Mondiale della Sanità è di parere opposto. Perché il “faro” delle strategie sanitarie a livello globale si pronuncia contro una scelta apparentemente ovvia? Perché chi fino a ieri ha invitato tutto il mondo a vaccinarsi al più presto oggi tira il freno a mano e bacchetta l’Occidente precipitoso? In una recentissima conferenza stampa Soumya Swaminathan, chief scientist dell’Oms ha dichiarato: “Ci opponiamo fermamente alla terza dose per tutti gli adulti nei Paesi ricchi, perché non aiuterà a rallentare la pandemia. Togliendo dosi alle persone non vaccinate i booster favoriranno l’emergere di nuove varianti”. “Ci sono abbastanza vaccini per tutti, ma non stanno andando nel posto giusto al momento giusto”, ha ribadito Bruce Aylward, un altro esperto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. “Due dosi devono essere date ai più vulnerabili in tutto il mondo prima che i richiami vengano dati a chi ha completato il ciclo, e siamo ben lontani da questa situazione”.
L’OMS infinite volte ha richiamato l’attenzione sulla dimensione pandemica del COVID 19. Tutto il mondo è infetto e lasciare senza vaccinazione larga parte del Pianeta non solo costituisce un’ingiustizia evidente ma non garantisce neppure i Paesi più ricchi in grado di praticare una vaccinazione di massa. L’esperienza di questi mesi ha ampliamente dimostrato che la mobilità globale è in grado di trasmettere varianti da un Paese all’altro nel giro di poche settimane. Praticare tre vaccinazioni ravvicinate in pochi Paesi e nessuna in altri non salverà i primi e condannerà senza scampo gli altri.
Allora cosa fare? Praticare il gioco della torre, accaparrando le dosi disponibili? Non è questa la strada. Abbiamo un’altra possibilità, come ricorda un tweet dell’OMS: “L’umanità è in una corsa collettiva contro il virus #COVID19 e le sue varianti. È fondamentale usare ogni strumento a nostra disposizione: Donare dosi. Condividere il know-how. Condividere la tecnologia. Rinunciare alla proprietà intellettuale. Produrre di più“.
E se non avessimo compreso bene giunge in nostro aiuto Silvio Garattini, farmacologo e presidente dell’Istituto “Mario Negri” di Milano: “Dobbiamo vaccinare tutto il mondo, altrimenti non ci salviamo (…) Se il virus continua a circolare si sviluppano nuove varianti, che in una epoca di globalizzazione come la nostra ci tornano indietro. L’unica soluzione è che i governi producano i vaccini indipendentemente da quello che pensano le multinazionali”.
Una scelta tutt’altro che semplice e, nello stesso tempo, “maledettamente” chiara e coerente.
Sono nato a Pescara il 18 settembre 1955 e vivo a Francavilla al Mare con mia moglie Francesca e i miei figli Camilla e Claudio. Ho una formazione umanistica, acquisita frequentando prima il Liceo Classico G.B. Vico di Chieti e poi l’Università di Padova, dove mi sono laureato in Filosofia con Umberto Curi. Il primo lavoro è stato nella cooperazione: un’esperienza che ha segnato il mio futuro. Lì ho imparato a tenere insieme idealità e imprenditorialità, impegno individuale e dimensione collettiva, profitto e responsabilità. Negli anni seguenti ho diretto un’agenzia di sviluppo locale e promozione imprenditoriale, sono stato dirigente in un ente locale, ho lavorato come consulente anche per importanti aziende globali. Oggi sono presidente di una start up cooperativa: evidentemente i grandi amori tornano di prepotenza, quando meno te lo aspetti. Nel lavoro mi piace condividere progetti, costruire percorsi inediti, fare squadra, veder crescere giovani professionalità. Amo leggere e ascoltare musica, camminare in montagna e, appena possibile, intraprendere un nuovo viaggio.
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