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Il soccorso in mare non è negoziabile

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Gli sbarchi di migranti sulle coste italiane continuano a registrare numeri importanti. Secondo i dati recentemente diffusi dal Ministero dell’Interno, dal primo gennaio al 28 maggio 2021 sono stati 13.875 gli “stranieri irregolari” che hanno raggiunto il nostro Paese contro i 4.838 nello stesso periodo del 2020. Ora è la rotta libica a destare le principali preoccupazioni, mentre prima era stata quella tunisina. Si allarga e si modifica la composizione dei Paesi d’origine dei migranti: la novità è rappresentata dal numero di coloro che provengono dalla Costa d’Avorio (1.379) e dalla Guinea (911), mentre si confermano i flussi dal Bangladesh, dalla Tunisia, dall’Eritrea e dalla Libia.

Naturalmente rimane alta l’allerta per i naufragi e resta ancora inevasa la pressante richiesta italiana di “ricollocare” i migranti nei diversi Paesi europei. Su questi temi il 28 maggio la Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha promosso un incontro con le principali organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo: Open Arms, Sea Watch, Sea Eye, Sos Mediterranée, Medici senza frontiere, Mediterranea, Emergency e ResQ.

Per la verità il dialogo era già stato avviato immediatamente dopo l’insediamento al Viminale ed era continuato nel gennaio 2020. Per fortuna almeno un punto sembra acquisito: la piena legittimità dei soccorsi in mare. In proposito le ONG hanno ribadito che “le discussioni sulle politiche migratorie non possono diventare un impedimento al soccorso in mare, obbligo giuridico oltre che morale”. Per questo hanno chiesto all’Italia e all’Europa di istituire un efficace sistema di ricerca e soccorso che abbia come scopo primario quello di salvaguardare la vita umana nel Mediterraneo. Le organizzazioni hanno anche auspicato un superamento del clima ostile al soccorso civile. “Abbiamo chiesto alla Ministra di riconoscere il ruolo delle organizzazioni umanitarie, colpite dalla criminalizzazione, liberando le nostre navi ancora sotto fermo”. 

Rinviata al mittente, invece, l’ipotesi di considerare quali porti di sbarco quelli dei Paesi di bandiera delle navi e la richiesta alle ONG di fare pressione sui Paesi d’origine per la definizione di una nuova politica europea di ridistribuzione dei migranti. “Una cosa è cercare di sollecitare l’Europa ad essere solidale, cosa che anche noi facciamo con tutte le nostre azioni di advocacy – spiega Marco Bertotto di Msf – altro è cercare di utilizzare le Ong come strumento di pressione su quegli Stati europei che sono anche Stati di bandiera ma che per questo non hanno alcun obbligo di concedere il porto di sbarco. Per altro è del tutto evidente che ragioni di sicurezza impediscono a qualsiasi nave che soccorre migranti nel Mediterraneo di varcare lo stretto di Gibilterra e farsi due settimane di navigazione verso un porto tedesco o olandese”.

Dal suo canto la ministra Lamorgese ha sostenuto che per regolare i flussi migratori e contrastare il traffico di essere umani è necessario intensificare i corridoi umanitari con la Libia soprattutto per evacuare i nuclei famigliari e i soggetti vulnerabili; allo stesso tempo, anche attraverso l’Unhcr e dell’Oim, è necessario vigilare per garantire il rispetto dei diritti umani nei centri allestiti nel Paese nordafricano.

Pur d’accordo con queste posizioni le ONG hanno inteso precisare che “bloccare le partenze, a scapito della tutela dei diritti umani e delle continue morti in mare, non potrà mai essere la soluzione (…) Questa forma di supporto e finanziamento va interrotta il prima possibile. Vanno trovate soluzioni di medio-lungo periodo per costruire canali sicuri di accesso regolare verso l’Europa. Ma, nel frattempo, non si può continuare a lasciare che le persone muoiano in mare o vengano riportate in un Paese dove sono costrette a subire abusi di ogni genere”.

Infine le organizzazioni umanitarie hanno sollecitato la Ministra Lamorgese perché assuma un ruolo di coordinamento con il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili per quanto riguarda i fermi amministrativi e con il Ministero della salute per i protocolli Covid e la gestione delle quarantene.

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