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La notizia è ormai nota. Il presidente della Commissione Giustizia del Senato Andrea Ostellari tiene in ostaggio il Ddl Zan contro l’omofobia – approvato alla Camera il 4 novembre dello scorso anno – e non ne permette la calendarizzazione, con argomentazioni apparentemente tecniche che hanno invece un’evidente finalità dilatoria. Il parlamentare leghista si appella al regolamento del Senato nel quale, a sua avviso, è previsto che un testo sia esaminato insieme agli altri depositati sullo stesso argomento. Forte di questa tesi si è rimesso alla valutazione della presidente di Palazzo Madama, Elisabetta Casellati. Sarà ora l’Ufficio di presidenza della Commissione Giustizia a decidere quando mettere in calendario le norme anti omofobia, solo dopo aver acquisito il via libera della Casellati.
Per fortuna la mobilitazione della società civile per superare questo lungo stallo si intensifica sempre più. Numerosissime le prese di posizione, dalla raccolta di firme per l’appello Dà voce al rispetto sulle piattaforme Change.org (350.000 firme al momento in cui scriviamo) e All Out (121.000) alla lettera aperta al presidente Draghi dell’Agedo (Associazione di genitori, parenti, amiche e amici di persone lesbiche, gay, bisessuali, trans*, +), alle dichiarazioni di artisti e cantanti. Tra queste ricordiamo il video di Fedez che ha meritato una replica del senatore Pillon che ambiva a essere spiritosa.
Al momento la contrarietà della destra rimane granitica, fino a minacciare ripercussioni sul Governo in caso di “forzature” politiche. Ma nella Lega sembra aprirsi qualche contraddizione. Se ne fa portavoce il governatore del Veneto Zaia il quale ha dichiarato che “le libertà vanno garantite a tutti”, facendo intendere che il muro contro muro non potrà durare all’infinito.
Ma cos’è che in realtà preoccupa davvero le destre italiane? Ufficialmente la possibilità che la Legge Zan si configuri come una normativa contro i reati di opinione, finendo per perseguire ogni posizione a sostegno dei rapporti eterosessuali e della famiglia tradizionale. Tuttavia forse ha ragione Michela Murgia quando sostiene che la vera preoccupazione consiste nell’istituzione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia e, soprattutto, nella previsione che le scuole inseriscano nell’attività curriculare azioni educative per promuovere “la cultura del rispetto e dell’inclusione” e per “contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere”.
Intanto la cronaca, più di qualsiasi dibattito, si impone alla nostra attenzione. A Torino uno studente di 23 anni è stato insultato, preso a calci e pugni da un gruppo di giovani. A Castelfiorentino una ragazza è stata cacciata di casa dopo aver subito violenze e minacce da parte dei genitori, che le hanno anche impedito di recuperare vestiti e effetti personali. Provate voi a immaginare il perché.
Sono nato a Pescara il 18 settembre 1955 e vivo a Francavilla al Mare con mia moglie Francesca e i miei figli Camilla e Claudio. Ho una formazione umanistica, acquisita frequentando prima il Liceo Classico G.B. Vico di Chieti e poi l’Università di Padova, dove mi sono laureato in Filosofia con Umberto Curi. Il primo lavoro è stato nella cooperazione: un’esperienza che ha segnato il mio futuro. Lì ho imparato a tenere insieme idealità e imprenditorialità, impegno individuale e dimensione collettiva, profitto e responsabilità. Negli anni seguenti ho diretto un’agenzia di sviluppo locale e promozione imprenditoriale, sono stato dirigente in un ente locale, ho lavorato come consulente anche per importanti aziende globali. Oggi sono presidente di una start up cooperativa: evidentemente i grandi amori tornano di prepotenza, quando meno te lo aspetti. Nel lavoro mi piace condividere progetti, costruire percorsi inediti, fare squadra, veder crescere giovani professionalità. Amo leggere e ascoltare musica, camminare in montagna e, appena possibile, intraprendere un nuovo viaggio.
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